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LA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA E LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE NEL GIUDIZIO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA STATO E REGIONI E TRA REGIONI (2009): YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

LA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA E LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE NEL GIUDIZIO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA STATO E REGIONI E TRA REGIONI (2009)

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
  1. A) Il giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regioni e tra Regioni.

Il fenomeno della riduzione del numero dei giudizi per conflitto di attribuzione tra lo Stato le Regioni e le Province autonome, ha continuato a manifestarsi anche nel 2009⌊1⌋, che evidenzia 9 decisioni (rispetto alle 13 del 2008), di cui due hanno contestualmente definito giudizi di legittimità costituzionale in via principale (sentenza n. 196 e ordinanza n. 330).

Dei nove conflitti decisi nel 2009, 3 (sentenze nn. 104 e 337; ordinanza n. 330) sono stati promossi da Regioni contro lo Stato, di cui una ad autonomia differenziata (Regione Siciliana), 4 dalle Province autonome di Trento (sentenze n. 105 e n. 209) e di Bolzano (sentenze nn. 129 e 196), 1 da un Comune della Provincia autonoma di Trento (sentenza n. 130) e 1 (sentenza n. 149) dallo Stato nei confronti della Regione Sardegna.Peculiare è il ricorso, deciso con la sentenza n. 130, sollevato dal Comune di Transacqua, della Provincia autonoma di Trento, in relazione ad una sentenza, emessa dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sezione di Trento. (nel giudizio non si è costituita la Presidenza del Consiglio dei ministri, ma è intervenuta la Provincia autonoma di Trento, la quale ha (tra l’altro) osservato l’anomalia di tale conflitto, atteso che l’art. 134 Cost. legittima soltanto le Regioni a sollevare conflitto di attribuzioni contro un atto statale).

Nella sentenza n. 149 la Corte, richiamando la propria giurisprudenza (sentenze n. 313 del 2006; n. 169 del 1999; n. 331 del 1998 e n. 428 del 1997), ha dichiarato l’inammissibilità della costituzione in giudizio della Regione Sardegna, dal momento che essa è avvenuta dopo la scadenza del termine di venti giorni dalla notificazione del ricorso, secondo quanto prevedeva, nella precedente formulazione, l’articolo 27, terzo comma, delle “Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale”, applicabile ratione temporis al giudizio in questione. Con la medesima sentenza n. 149 la Corte ha, invece, ritenuto ammissibile il ricorso in relazione ad una ulteriore doglianza, là dove il ricorrente ha inteso «censurare il fatto sopravvenuto dell’illegittima, sotto il profilo costituzionale, promulgazione della legge statutaria».

Nella sentenza n. 104 la Corte ha respinto l’eccezione di inammissibilità secondo la quale l’atto impugnato sarebbe stato privo «di sostanziale contenuto innovativo» rispetto ad un precedente d.P.C.m. del 2006. La Corte ha ritenuto che l’atto impugnato non si è limitato a correggere errori materiali contenuti nel precedente d.P.C.m. essendo, infatti, stata modificata la disciplina sostanziale concernente, nella specie, l’ordine delle precedenze tra le varie autorità e quella del cerimoniale. Con la stessa sentenza n. 104, la Corte ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso per genericità della formulazione censura, ritenendo, viceversa, facilmente identificabili le disposizioni asseritamente lesive delle prerogative regionali, nella specie l’intero d.P.C.m.

Le decisioni su conflitto intersoggettivo hanno avuto ad oggetto due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (sentenze nn. 104 e 209), un decreto del Ministro dell’interno (sentenza n. 196), un’ordinanza del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali (sentenza n. 105), un decreto del Questore della Provincia autonoma di Bolzano (sentenza n. 129), una sentenza emessa dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sezione di Trento (sentenza n. 130), un atto di promulgazione della legge statutaria della Regione Sardegna (sentenza n. 149), due note della Procura generale della Corte dei conti siciliana di richiesta all’Assemblea regionale siciliana di trasmissione, ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione per danno erariale, del parere espresso da una delle Commissioni legislative della Regione su un atto aggiuntivo alla convenzione tra la Regione Siciliana e la Croce Rossa Italiana, stipulato dall’assessore regionale per la sanità, del relativo verbale, nonché delle generalità ed indirizzi dei consiglieri regionali che hanno espresso voto favorevole (sentenza n. 334), un decreto e una nota del Ministero della pubblica istruzione – Dipartimento per l’istruzione (ordinanza n. 330).

Nei conflitti sollevati da Regioni e Province ad autonomia differenziata, nonché da un Comune della Provincia autonoma di Trento, risultano evocati a parametro statuti regionali e normative di attuazione (sentenze nn. 105, 129, 130, 196, 209, 337).

Nella sentenza n. 130 è stata anche ritenuta la violazione degli artt. 111 della Costituzione e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nella sentenza n. 334, la Regione Siciliana ha ritenuto violato anche l’art. 70-bis del regolamento dell’Assemblea regionale siciliana 17 marzo 1949. In diversi ricorsi risultano anche evocate le disposizioni del Titolo V della Parte seconda della Costituzione (artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, e 118 della Costituzione), veicolate dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (sentenze nn. 104 e 105). In un solo caso è stato invocato anche il principio costituzionale di leale cooperazione (sentenza 105). Nei conflitti di attribuzione sollevati da Regioni a Statuto ordinario (sentenza n. 104 e ordinanza n. 330) sono stati richiamati gli artt. 117 e 118 Cost., il principio di leale collaborazione, nonché (ordinanza n. 330) il principio di buon andamento dell’amministrazione (articolo 97 della Costituzione). Nell’unico caso di conflitto sollevato dal Governo, si è fatto riferimento ad una disposizione statutaria della Regione Sardegna (sentenza n. 149).

Con la sentenza n. 337, la Corte ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del conflitto sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, in relazione ad un ricorso della Regione Siciliana secondo la quale la ricorrente, non avendo contestato alla Procura contabile di avere voluto esercitare la funzione di controllo politico sull’attività della Giunta, che si intendeva tutelare in capo alla Commissione assembleare per mezzo dell’odierno conflitto, avrebbe dedotto un mero difetto di giurisdizione, proponibile innanzi alle Sezioni unite della Corte di cassazione. Con la stessa sentenza n. 337, la Corte ha respinto l’eccezione proposta dall’Avvocatura generale dello Stato circa l’inammissibilità delle censure fondate sulla dedotta violazione della sfera di insindacabilità dei deputati regionali, poiché le note istruttorie oggetto del conflitto si sarebbero limitate ad adempiere ad una finalità conoscitiva, che non potrebbe preludere ad un’immediata azione di responsabilità nei confronti dei membri della Commissione assembleare.

Non si riscontrano, nel 2009, casi di riunione di più conflitti decisi con unica pronuncia.

È da rilevare la sentenza n. 196, con la quale la Corte, stante la evidente connessione soggettiva ed oggettiva fra un giudizio di legittimità costituzionale in via principale e un giudizio per conflitto di attribuzione promossi entrambi dalla Provincia autonoma di Bolzano, ha proceduto alla riunione dei giudizi e li ha decisi con unica sentenza. Con l’ordinanza n. 330, la Corte ha deciso, con un’unica pronuncia, un giudizio di legittimità costituzionale in via principale e un giudizio per conflitto di attribuzione.

Tra le 9 pronunce rese in sede di conflitto di attribuzione, tutte in forma di sentenza, tranne la n. 330 resa in forma di ordinanza, 5 hanno deciso il merito, 3 hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso e 1 ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Con la sentenza n. 149, la Corte ha, per una parte, dichiarato l’inammissibilità del conflitto e, per altra, ha deciso il merito del ricorso. Con la sentenza n. 209, la Corte ha per una parte accolto e per altra rigettato il ricorso.

Le decisioni di inammissibilità sono state 3 (sentenze nn. 105 e 130 e, per una parte, 149).

Con l’ordinanza n. 330, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso accettata dalla controparte.

Delle 6 decisioni di merito, 4 sono di rigetto (sentenze nn. 104, 129, 196, 337). Nel senso dell’accoglimento del ricorso è la sentenza n. 149 (mentre per altra parte è nel senso dell’inammissibilità). Di accoglimento è, per una parte, anche la sentenza n. 209, mentre, per altra parte, è di rigetto. Ed ancora, la sentenza n. 209, l’estensione dell’efficacia della pronuncia anche nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano; ciò nella considerazione della piena equiparazione statutaria delle Province autonome di Trento e di Bolzano relativamente alle attribuzioni fatte valere nel ricorso sollevato dalla sola Provincia autonoma di Trento.

  1. B) Il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

1) Fase dell’ammissibilità.

In questo periodo, la Corte ha reso 13 ordinanze che hanno deciso la fase dell’ammissibilità di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Tra queste, sei hanno riguardato l’impugnazione di una delibera d’insindacabilità delle opinioni espresse da un parlamentare ex art. 68, primo comma, della Costituzione (ordinanze nn. 147, 270, 288, 289, 303, 332); due hanno avuto ad oggetto atti relativi alle procedure di distacco di Comuni da una Regione e conseguente aggregazione ad altra Regione ex art. 132 Cost. (ordinanze nn. 1 e 14); 1 ha avuto ad oggetto un ricorso promosso con riferimento ad un atto giurisdizionale del Consiglio di Stato (ordinanza n. 84); una ha riguardato una delibera adottata dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi recante disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti, informazione e tribune della concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico (ordinanza n. 172); una ha avuto ad oggetto la revoca, mediante lettera del Presidente del Senato d’intesa con il Presidente della Camera dei Deputati, della nomina di tutti i quaranta componenti (trentasette dei quali già dimissionari) della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (ordinanza n. 222); una ha riguardato il ricorso promosso da un cittadino nella qualità di firmatario e presentatore di una petizione ex art. 50 Cost. (ordinanza n. 85); una, infine, ha riguardato l’impugnazione da parte di un partito politico di una proposta di legge approvata dalla Camera dei Deputati (ordinanza n. 120).

Nei conflitti in materia di insindacabilità parlamentare, i ricorsi sono stati proposti da giudici per le indagini preliminari presso il Tribunale (ordinanza n. 147), da Tribunali (ordinanze nn. 270, 288, 289), da una Corte d’appello (ordinanza n. 303) e dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 332). La Corte costituzionale ha ribadito la legittimazione degli organi evocati a sollevare il conflitto, parimenti confermata è stata la legittimazione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica a resistere in questo genere di conflitti (rispettivamente ordinanze nn. 147, 270, 303, 332 e ordinanze nn. 288 e 289).

Con l’ordinanza n. 1 la Corte ha, invece, confermato la propria giurisprudenza che esclude che al delegato comunale, effettivo o supplente, possa essere riconosciuta la titolarità di un’attribuzione costituzionale in relazione ai procedimenti referendari.

Considerazioni in tutto analoghe sorreggono la dichiarazione di inammissibilità del conflitto di cui all’ordinanza n. 14, in cui la Corte ha parimenti escluso che la legittimazione attiva al conflitto possa derivare dalla qualità di Presidente del comitato referendario ex art. 132, secondo comma, Cost.

Inammissibile per difetto del requisito soggettivo (oltre che, come si dirà, del profilo oggettivo) è stato altresì ritenuto il conflitto promosso dal Comune di Pastorano, in persona del Sindaco pro tempore, contro il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (ordinanza n. 84). Con l’ordinanza n. 85 la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso promosso dal sig. R.T.F., nella qualità di firmatario e presentatore alla Camera dei deputati di una petizione avente ad oggetto il distacco dalle regioni di appartenenza e aggregazione ad altre regioni dei comuni che ne hanno fatto richiesta ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione, nonché di elettore del Comune di Chiavari. Ancora su motivi attinenti alla carenza del requisito soggettivo (oltre che, di nuovo, per difetto del requisito oggettivo) si fonda l’inammissibilità del ricorso promosso dal Partito Politico “Lista Consumatori C.O.D.A.CONS.” nei confronti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, in relazione ad una proposta di legge recante «Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia» (ordinanza n. 120). Inoltre, inammissibile è stato ritenuto il ricorso promosso dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nella persona del suo Presidente pro-tempore, nei confronti del Presidente del Senato della Repubblica pro-tempore e «ove occorra» del Presidente della Camera dei deputati pro-tempore. (ordinanza n. 222).

Infine, con l’ordinanza n. 172 la Corte ha, invece, dichiarato ammissibile il ricorso promosso dai signori Giovanni Guzzetta, Mariotto Giovanni Battista Segni e Natale Maria Alfonso D’Amico, nella loro qualità di promotori e presentatori delle tre richieste di referendum elettorali indetti per i giorni 21 e 22 giugno 2009, nei confronti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, riconoscendo, per quanto riguarda il profilo soggettivo, la legittimazione rispettivamente attiva e passiva di tali soggetti ad essere parti di un conflitto tra poteri dello Stato.

In 6 delle 13 decisioni rese in punto di valutazione preliminare dell’ammissibilità di conflitti tra poteri hanno riguardato delibere parlamentari di insindacabilità (ordinanze nn. 147, 270, 288, 289, 303, 332). La Corte ha, in tutti questi casi, accertato la sussistenza della materia di conflitto.

Validamente instaurato è stato anche il conflitto promosso dai promotori e presentatori di tre richieste di referendum popolare nei confronti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, al fine di ottenere la dichiarazione che non spettava a tale Commissione adottare le disposizioni contenute nella delibera del 14 maggio 2009, con la quale si è disciplinato l’accesso alla programmazione radiotelevisiva della RAI (ordinanza n. 172).

Con l’ordinanza n. 1 è stata dichiarata l’inammissibilità del conflitto promosso da privati cittadini, in qualità di delegati effettivi e supplenti nonché di rappresentanti del Comitato promotore di referendum ex art. 132 Cost., nei confronti dell’Ufficio centrale per il referendum, del Consiglio dei ministri, nonché del Presidente della Repubblica in relazione agli atti di rispettiva competenza con i quali era stata accertata l’ammissibilità della richiesta referendaria e successivamente indetto il referendum per il distacco del Comune interessato dalla Regione di appartenenza e la sua aggregazione ad altra Regione. Oltre al difetto di legittimazione attiva al conflitto, la Corte ha rilevato la carenza del requisito oggettivo. La Corte, confermando quanto già affermato in occasione dei conflitti decisi con le ordinanze nn. 69 e 296 del 2006.

Considerazioni coincidenti con quelle appena richiamate sorreggono la dichiarazione di inammissibilità dell’analogo conflitto deciso con l’ordinanza n. 14. (l’unica differenza rispetto al conflitto di cui all’ordinanza n. 1 consiste nel fatto che, nel caso di specie, il conflitto risultava sollevato avverso atti che al momento del deposito del ricorso non erano ancora venuti ad esistenza, essendo intervenuti nelle more della data fissata per lo svolgimento della camera di consiglio).

Inammissibile è stato ritenuto anche il ricorso proposto dal Comune di Pastorano nei confronti del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. La Corte ha rilevato il difetto del requisito oggettivo (oltre che del requisito soggettivo) in quanto, sussistendo gli ordinari rimedi giurisdizionali attivabili nei confronti del provvedimento impugnato, il conflitto di attribuzione «non può essere trasformato in un atipico mezzo di gravame avverso le pronunce dei giudici» (ordinanza n. 84).

Con l’ordinanza n. 85 la Corte ha, invece, esaminato il ricorso in cui un cittadino sosteneva che il “cattivo esercizio” del potere attribuito alla Commissione permanente Affari costituzionali della Camera dei deputati nel procedimento di esame di una petizione. Il conflitto, già inammissibile sotto il profilo soggettivo, lo è anche sotto il profilo oggettivo, giacché il ricorrente, anziché «prospettare la lesione delle attribuzioni costituzionali, lamenta esclusivamente l’eventuale lesione di situazioni giuridiche soggettive proprie ed altrui», di talché «il ricorso risulta rivolto non già a sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato ai sensi dell’art. 134 Cost. e dell’art. 37 della legge n. 87 del 1953, quanto piuttosto ad ottenere − per stessa ammissione del ricorrente − una sorta di accesso diretto [alla] Corte per la tutela di diritti soggettivi».

Inammissibile sotto il profilo oggettivo (oltre che sotto quello soggettivo) è altresì il ricorso promosso dal Partito Politico “Lista Consumatori C.O.D.A.CONS.” a seguito della approvazione, da parte del Senato della Repubblica, del testo unificato delle proposte di legge recante modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia (ordinanza n. 120).

Con l’ordinanza n. 222 la Corte ha deciso, ancora nel senso dell’inammissibilità, il ricorso della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nella persona del suo Presidente pro-tempore. La Corte ha rilevato come tale conflitto non riguardasse, dunque, «propriamente la lesione di quelle attribuzioni istituzionali (derivanti da norme e principi costituzionali) a tutela delle quali la Commissione di vigilanza si configura, appunto, quale organo competente a dichiarare all’esterno ed in via definitiva la volontà della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, ma [attenesse] esclusivamente alla posizione “interna” del singolo parlamentare, presidente o componente della Commissione, che – in quanto tale e con riferimento alla peculiarità della fattispecie – non può essere ritenuto potere dello Stato».

In due occasioni il ricorso conteneva una esplicita richiesta alla Corte di sollevare dinanzi a se stessa questione di legittimità costituzionale di disposizioni di legge dalle quali derivava, in ipotesi, l’asserita lesione dell’attribuzione costituzionalmente garantita. Ciò è avvenuto nei conflitti decisi con le ordinanze nn. 1 e 14. La Corte, nel dichiarare l’inammissibilità dei rispettivi ricorsi, ha rilevato come essi fossero rivolti non già a sollevare un conflitto di attribuzione, quanto, piuttosto, ad ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale di talune disposizioni legislative, attraverso una sorta di ricorso diretto alla Corte, ed ha ricordato come la giurisprudenza costituzionale abbia ammesso la possibilità di proporre conflitto su atto legislativo, ove da questo «possano derivare lesioni dirette all’ordine costituzionale delle competenze», soltanto nel caso in cui manchi un giudizio nel quale possa essere sollevata la relativa questione incidentale.

Per quanto riguarda il ricorso, deciso con l’ordinanza n. 120, promosso dalla “Lista Consumatori C.O.D.A.CONS.”, il Presidente della Corte ha rigettato l’istanza, dal momento che ai sensi dell’art. 37, terzo comma, della legge n. 87 del 1953, «la Corte decide con ordinanza in camera di consiglio sulla ammissibilità del ricorso». Il ricorrente aveva, infine, impugnato, con istanza di opposizione al collegio del provvedimento presidenziale, il provvedimento del Presidente della Corte, sollevando anche questione di legittimità costituzionale del richiamato art. 37, terzo comma, della legge n. 87 del 1953, istanza che il Presidente ha dichiarato irricevibile.

Sui 13 ricorsi esaminati, 7 sono stati dichiarati ammissibili. L’inammissibilità dei restanti 6 ricorsi è stata dichiarata per ragioni riconducibili insieme ai profili soggettivi ed ai profili oggettivi del conflitto (ordinanze nn. 1, 14, 84, 85, 120, 222).

2) Fase del merito.

La Corte ha reso 9 decisioni in sede di conflitto tra poteri dello Stato. Una parte di esse (cinque) hanno riguardato il problema dell’insindacabilità per le opinioni espresse dai parlamentari ex art. 68, primo comma, della Costituzione (sentenze nn. 31 e 223 e ordinanze nn. 52, 163, 188). Tra le restanti, una ha avuto ad oggetto la proposta di revoca di un Consigliere di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., presentata dal Ministro dell’economia e delle finanze, anche d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri (sentenza n. 69); una ha riguardato una delibera della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi recante disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti, informazione e tribune della concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico (sentenza n. 174); una decisione ha avuto ad oggetto gli atti posti in essere dal c.d. Tribunale dei ministri nell’ambito di un procedimento penale pendente nei confronti del Ministro dell’ambiente (sentenza n. 241); una pronuncia, infine, ha risolto cinque ricorsi per conflitto sollevati dal Presidente del Consiglio dei ministri (tre ricorsi) e dall’autorità giudiziaria (due ricorsi) sul tema del segreto di Stato (sentenza n. 106).

Le pronunce in materia di insindacabilità dei parlamentari ex art. 68, primo comma, della Costituzione sono state rese a seguito di ricorsi promossi da una Corte d’appello (sentenza n. 31), da un giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale (ordinanza n. 52), da un giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale (sentenza n. 223), da Tribunali (ordinanze nn. 163 e 188). Di questi cinque casi, due hanno coinvolto la Camera dei deputati (ordinanza n. 188 e sentenza n. 223), tre il Senato della Repubblica (sentenza n. 31 e ordinanze nn. 52 e 163).

La sentenza n. 69 ha risolto il conflitto promosso dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in persona del suo Presidente pro-tempore, contro il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Presidente del Consiglio dei ministri. In relazione al profilo soggettivo, la Corte ha confermato quanto già dichiarato con la decisione che aveva accertato l’ammissibilità del conflitto (ordinanza n. 61 del 2008).

La sentenza n. 174 la Corte ha deciso il conflitto, già dichiarato ammissibile con l’ordinanza n. 172, promosso dai signori Giovanni Guzzetta, Mariotto Giovanni Battista Segni e Natale Maria Alfonso D’Amico, nella loro qualità di promotori e presentatori delle tre richieste di referendum elettorali indetti per i giorni 21 e 22 giugno 2009, nei confronti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

La sentenza n. 241 ha risolto il conflitto sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti del Collegio per i reati ministeriali (cosiddetto Tribunale dei ministri) costituito presso il Tribunale di Firenze e del Tribunale ordinario di Livorno, sezione distaccata di Cecina, in relazione ad atti di un procedimento penale per rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale, relativi a fatti in ipotesi avvenuti nell’agosto del 2003, nel quale è stato indagato e poi imputato il Ministro per l’ambiente del tempo. In giudizio si è altresì costituito il Senato della Repubblica, soggetto nei cui confronti la Corte aveva disposto la notificazione del ricorso e dell’ordinanza di ammissibilità di esso (ordinanza n. 8 del 2008) «stante l’identità della posizione costituzionale dei due rami del Parlamento in relazione alle questioni di principio da trattare».

Rilevante è la sentenza n. 106, con cui la Corte ha risolto, a seguito della loro riunione, cinque conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato insorti tra il Presidente del Consiglio dei ministri e le diverse Autorità giudiziarie (Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari – anche in funzione di Giudice dell’udienza preliminare – e Giudice monocratico della IV sezione penale del medesimo Tribunale) investite del procedimento penale e, di seguito, del dibattimento, aventi ad oggetto l’ipotesi di reato di sequestro di persona perpetrato ai danni di Nasr Osama Mustafa Hassan, alias Abu Omar (conflitti già dichiarati ammissibili con le separate ordinanze nn. 124, 125 e 337 del 2007 e nn. 230 e 425 del 2008). Richiamando la propria giurisprudenza sul punto, la Corte ha ribadito la legittimazione del Presidente del Consiglio dei ministri e delle diverse Autorità giudiziarie coinvolte in tali conflitti ad essere parte nei giudizi ex art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, concernenti l’apposizione, l’opposizione e la conferma del segreto di Stato.

In nessun caso hanno spiegato atti di intervento soggetti diversi da quelli che la Corte aveva individuato come destinatari della notifica del ricorso e dell’ordinanza di ammissibilità del medesimo nell’ambito della preliminare verifica di ammissibilità del conflitto. Da segnalare, la sentenza n. 106 è stata altresì dichiarata l’inammissibilità del «ricorso incidentale» proposto, «nell’interesse della Sezione GIP del Tribunale di Milano», dal «Presidente f.f. della Sezione predetta» e dal «Giudice per le indagini preliminari assegnatario del procedimento n. 1966/05», nell’atto di intervento nel giudizio per conflitto di cui al ricorso del Presidente del Consiglio n. 3 del 2007.

Per quanto riguarda i profili oggettivi del conflitto, le deliberazioni di insindacabilità delle opinioni espresse, validamente impugnabili per costante giurisprudenza, non hanno posto problemi particolari. Con la sentenza n. 69 la Corte è stata chiamata a decidere sulla spettanza o meno al Ministro dell’economia e delle finanze, anche d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, del potere di richiedere e votare, nell’Assemblea degli azionisti della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., la revoca di un consigliere di amministrazione in assenza di conforme deliberazione adottata dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Nel ricorso deciso con la sentenza n. 174 i ricorrenti chiedevano alla Corte di dichiarare che non spettava alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi adottare gli artt. 5, commi 4 e 7, e 7, commi 1 e 3, della delibera del 14 maggio 2009, «nella parte in cui non prevedono che ai promotori del referendum debbano essere complessivamente destinati i medesimi spazi comunicativi e informativi e della stessa importanza in termini di indici medi di ascolto, di quelli che l’emittente attribuirà ad esponenti di gruppi politici parlamentari favorevoli al referendum». Il ricorso è stato dichiarato in parte improcedibile ed in parte respinto.

La sentenza n. 106, ha risolto, previa riunione, ben cinque conflitti tra governo e autorità giudiziaria in tema di segreto di Stato.

Avverso il richiamato ricorso n. 3 del 2007 la resistente autorità giudiziaria, intervenuta in giudizio, aveva proposto «ricorso incidentale» in cui sosteneva che una serie di atti richiamati dal ricorrente e dallo stesso posti in essere avrebbero comportato «una compressione delle attribuzioni e dei poteri propri dell’autorità giudiziaria garantiti dall’art. 101 Cost.». Tale ricorso è stato, però, dichiarato inammissibile.

3) Il ricorso per conflitto.

In due occasioni, e sempre con riferimento a conflitti ex art. 68, Costituzionale, la Corte ha deciso nel senso dell’inammissibilità del ricorso per motivi attinenti alla formulazione dello stesso. (sentenze nn. 31 e 223).

Inammissibile è stato altresì dichiarato, con la sentenza n. 106, il «ricorso incidentale» promosso «nell’interesse della Sezione GIP del Tribunale di Milano» dal «Presidente f.f. della Sezione predetta» e dal «Giudice per le indagini preliminari assegnatario del procedimento n. 1966/05», nell’atto di intervento nel giudizio per conflitto di cui al ricorso n. 3 del 2007, sollevato dal Presidente del consiglio. Secondo la Corte, consentire l’esame, nel merito, di una tale «iniziativa processuale equivarrebbe, di fatto, ad alterare – attraverso l’elusione della preventiva fase volta a decidere sull’ammissibilità del conflitto – quella strutturazione necessariamente “bifasica” che contraddistingue, per costante affermazione della giurisprudenza costituzionale, il giudizio per conflitto tra poteri dello Stato». La Corte ha, infatti, ricordato come spetti ad essa, «in sede di delibazione sull’esistenza della “materia di un conflitto”, un potere molto ampio di individuazione dei profili soggettivi e di qualificazione del thema decidendum del conflitto, tale addirittura da rischiare talvolta di investire gli aspetti di merito della questione». Questo vero e proprio «potere di conformazione» del giudizio sul conflitto di attribuzione «verrebbe vanificato se si consentissero iniziative assunte “in via incidentale” da parte di soggetti “resistenti” in un giudizio ritualmente instaurato».

Delle 9 decisioni rese, 6 hanno assunto la forma della sentenza e 3 quella dell’ordinanza. Con le tre ordinanze (nn. 52, 163, 188) la Corte ha dichiarato i ricorsi improcedibili per l’inosservanza, da parte del giudice ricorrente, del termine perentorio di venti giorni dall’ultima notificazione, fissato nelle ordinanze che avevano ammesso il conflitto, per il deposito presso la cancelleria della Corte costituzionale del ricorso e dell’ordinanza, con la prova della loro notificazione.

Con un accoglimento del ricorso si sono chiusi due giudizi di merito (sentenze nn. 69, che ha annullato gli atti connessi e conseguenti, e 241); con il rigetto di esso si è chiuso il giudizio di cui alla sentenza n. 174. Tale ultima pronuncia ha altresì dichiarato parzialmente improcedibile il giudizio per sopravvenuta carenza di interesse.

La sentenza n. 106, dopo aver disposto la riunione dei giudizi in ragione dell’omogeneità dei cinque ricorsi promossi da governo e autorità giudiziaria, ha dichiarato inammissibili tanto il ricorso incidentale proposto «nell’interesse della Sezione GIP del Tribunale di Milano» nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, quanto il ricorso n. 6 del 2007 proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. La stessa pronuncia ha, inoltre, parzialmente accolto i tre ricorsi promossi dal Presidente del consiglio (nn. 2 e 3 del 2007 e n. 14 del 2008) e respinto quello sollevato dal Giudice monocratico del Tribunale di Milano (n. 20 del 2008).

NOTA:

⌊1⌋ Cfr. Relazione sulla giurisprudenza costituzionale del 2009, Corte costituzionale, Servizio Studi, in www.cortecostituzionale.it.

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