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IL GIUDIZIO IN VIA INCIDENTALE DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA (L’ITER DAVANTI ALLA CONSULTA): YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

IL GIUDIZIO IN VIA INCIDENTALE DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA (L’ITER DINANZI ALLA CONSULTA)

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

In seguito all’arrivo dell’ordinanza di rimessione e il fascicolo del giudizio a quo alla cancelleria della Corte costituzionale[1], il cancelliere comunica al Presidente in ordine alla regolarità formale dell’ordinanza e delle notificazioni, e, per sua delega, richiede alla Cancelleria del rimettente di effettuare le eventuali notificazioni mancanti, con lo scopo di assicurare l’integrità del contraddittorio ed evitare che, se portata all’esame della Consulta, la questione venga dichiarata manifestamente inammissibile. L’accertamento della regolarità della ordinanza da parte del Presidente è invece puramente formale e non riguarda il contenuto dell’atto.

Eseguita la regolarità degli atti e delle notificazioni, il Presidente dispone la pubblicazione dell’atto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nonché, ove si faccia questione di un atto di una Regione o di una Provincia autonoma, nel rispettivo Bollettino ufficiale[2], previa annotazione dei ricorsi stessi, a cura del cancelliere, in ordine cronologico, nell’apposito registro tenuto dalla Cancelleria. Egli forma un fascicolo di causa, inserendo l’originale dell’ordinanza e gli atti che saranno depositati successivamente.

In proposito non va dimenticato, infatti, che la pubblicazione delle ordinanze di rimessione nella Gazzetta Ufficiale si verifica settimanalmente e osservando l’ordine progressivo delle registrazioni della Cancelleria. Ciò nonostante, il Presidente della Corte può ordinare la pubblicazione anticipata di ordinanze sostenute da particolari ragioni di urgenza. Tale pubblicazione non comporta la sospensione degli altri eventuali giudizi in cui la medesima questione sia rilevante, ma vale rispetto di tutti i soggetti dell’ordinamento e soprattutto dei giudici, a suggerire cautela in ordine all’applicazione della legge denunziata.

In seguito dall’avvenuta pubblicazione decorre il termine di venti giorni, entro cui le parti del giudizio a quo possono costituirsi nel giudizio incidentale ed il Presidente del Consiglio dei ministri (o il Presidente della Giunta regionale, se è in questione una legge regionale) ed eventualmente altri soggetti possono depositare i loro atti di intervento[3]. La eventuale tardività della costituzione o dell’intervento ne comporta la inammissibilità (o, secondo altra formula, la irricevibilità).

L’attività svolta dalle parti può consistere nell’esame degli atti depositati, nella produzione di nuovi documenti e nella presentazione delle proprie deduzioni o memorie. Nella ipotesi in cui il giudizio si svolga in pubblica udienza, agli intervenienti è data l’opportunità di presentare oralmente le proprie ragioni, fermo restando che l’intera attività processuale rimane comunque circoscritta al thema decidendum così come definito nell’ordinanza di rimessione. A proposito è da rilevare che non si sta in presenza di un giudizio di parti necessarie, in quanto la mancata costituzione di entrambe non comporta l’estinzione del processo, né alle parti costituite o al giudice a quo è data la possibilità di una rinuncia al processo o di una revoca dell’ordinanza.

Infatti, la qualità di parte (in senso tecnico-giuridico) del giudizio incidentale davanti alla Corte costituzionale è riconosciuta solo ai soggetti in possesso della qualità di parte del giudizio a quo, secondo le regole proprie di questo[4]. Ovvero, esiste un principio di corrispondenza formale tra le parti dell’uno e dell’altro giudizio. Per siffatti motivi, la costituzione nel giudizio incidentale è tuttavia solo eventuale e non lo trasforma in un processo contenzioso, dal momento che, pur nell’assenza totale di contraddittorio, esso prosegue automaticamente fino alla sua conclusione[5].

Ad esempio, la posizione del pubblico ministero sembra assimilata a quella delle parti, in quanto gli è riconosciuta la facoltà di formulare eccezioni di incostituzionalità (e negata la legittimazione a rimettere direttamente questioni alla Consulta) e gli deve essere notificata l’ordinanza di rimessione[6]. Ciononostante, la giurisprudenza costituzionale nega che egli possa partecipare al giudizio incidentale, osservando che la sua costituzione dinanzi alla Corte non è prevista e disciplinata dalle norme generali ed integrative di procedura[7].

Per quanto riguarda il giudice a quo, questi, non può partecipare al giudizio incidentale. Infatti, una volta che abbia emesso l’ordinanza di rimessione, egli non può chiedere che gli sia comunicata la data di udienza della Corte, con la finalità di depositare con successivo atto argomentazioni a sostegno della fondatezza della questione[8], dato che ciò presupporrebbe la titolarità di posizioni soggettive che in nessuna ipotesi possono essere considerate proprie del giudice nell’esercizio delle funzioni di sua spettanza.

L’unico intervento di tipo istituzionale ammesso dinanzi alla Corte costituzionale è quello del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Presidente della Giunta regionale[9]. Al di là delle finalità astratta dell’intervento (di rappresentare alla Corte la posizione del Governo, come titolare dell’indirizzo politico di maggioranza) è certo che esso è di norma diretto ad evitare (mediante eccezioni processuali, suggerimenti interpretativi, invito al rispetto della discrezionalità del legislatore) una dichiarazione di incostituzionalità e preservare l’applicazione della legge da parte dei giudici. In dottrina si è molto discusso del significato di tale partecipazione (eventuale), soprattutto con riferimento al Presidente del Consiglio. La tesi che sembra essere stata privilegiata dalla prassi è quella di un intervento a difesa della legge. Qualora condivida il sospetto di illegittimità, il Governo preferisce non intervenire; continuano, infatti, ad essere rari i casi in cui esso si schiera apertamente a favore dell’incostituzionalità. Tutt’al più, come talvolta è accaduto, il Governo si è spinto a suggerire e proporre delle interpretazioni correttive e adeguatrici della disposizione impugnata, in modo da evitare la dichiarazione di incostituzionalità, favorendo al contempo una lettura che non ignorasse del tutto le ragioni addotte dal giudice a quo nell’ordinanza di rimessione[10].

La Legge n. 87 del 11 marzo del 1953, negli articoli 23 e 25[11] sembra escludere interventi di altri soggetti oltre le parti ed il Presidente del Consiglio (o della Giunta), ed anche la Corte costituzionale di recente ha escluso[12] la possibilità di ammettere la facoltà di intervento nel giudizio incidentale di altri organi o poteri dello Stato, estranei per definizione al giudizio a quo. Ciononostante, questa[13] ha ammesso, di rado, l’intervento davanti alla Consulta (per attaccare o difendere la legge, o per proporre eccezioni processuali) di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo e dagli interventori istituzionali, a condizione però che si tratti di soggetti titolari di un interesse diretto e qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo[14].

Per quanto riguarda giudizi su atti che hanno abitualmente una portata generale, la Corte costituzionale si è premurata di circoscrivere l’apertura del contraddittorio, riferendosi ai soli interessi sussistenti “quando l’esito del giudizio di costituzionalità sia destinato a incidere direttamente su una posizione giuridica specificamente propria dell’interveniente[15]”. Ad esempio, la Corte ha considerato ammissibile l’interevento del CONI in un giudizio di costituzionalità avente ad oggetto una legge che prevedeva un prestazione patrimoniale a suo favore[16]. L’applicazione concreta di tale criterio, peraltro, presenta notevoli incertezze, testimoniate da una giurisprudenza costituzionale non sempre lineare[17], nella quale la Corte costituzionale ha negato, rispettivamente, alla Banca d’Italia e al Senato la legittimazione ad intervenire in un giudizio in via incidentale[18].

Come si può evincere non è perciò ammesso l’intervento del portatore di un mero interesse diffuso o del soggetto di fatto titolare della posizione sostanziale governata dalla legge su cui la Corte costituzionale è chiamata a decidere. Restano ugualmente esclusi dalla facoltà di intervento anche coloro che siano parti in giudizi diversi da quello nel quale è stata pronunciata l’ordinanza di rimessione, ma nei quali deve essere applicata la medesima norma legislativa.

In seguito alla scadenza del termine per la costituzione in giudizio, il Presidente della Corte costituzionale nomina un giudice per l’istruzione e la relazione della questione e convoca entro i successivi venti giorni la Corte per la discussione[19].

L’avvenuta costituzione o meno nel giudizio incidentale di almeno una delle parti del giudizio a quo influisce sulla scelta del rito. Infatti, qualora non si costituisca alcuna parte, la Corte può decidere la questione in camera di consiglio, anziché in udienza pubblica[20]. Né osta a tale possibilità l’intervento effettuato dal Presidente del Consiglio o della Giunta regionale, che la Corte non considera parti[21].

Anche nell’ipotesi di presenza di parti costituite, la scelta del rito camerale è comunque ammessa, quando il Presidente, sentito il relatore, ritiene che possa ricorrere l’ipotesi di manifesta infondatezza[22] o di manifesta inammissibilità della questione. La convocazione della Corte in camera di consiglio consente tuttavia alla parte costituita di dedurre anche in ordine alla scelta del rito[23]. In ogni caso, la Corte può rinviare la causa alla pubblica udienza se ritiene che non ricorra alcuna delle ipotesi che consentono il rito semplificato[24]. Il rito camerale è stato dalla Corte ritenuto compatibile con il diritto di difesa delle parti costituite, le quali possono partecipare ad una effettiva dialettica processuale[25] depositando memorie[26].

Trascorso il termine per la costituzione e l’intervento dei soggetti autorizzati, il Presidente della Corte nomina un giudice per la istruzione e la relazione [27]. L’eventuale istruttoria può comportare l’audizione di testimoni e, anche in deroga ai divieti stabiliti da altre leggi, ad esempio, sul segreto di Stato, il richiamo di atti o documenti[28]. Rappresenta, poi, una evenienza alquanto rara la possibilità che la Corte disponga con ordinanza[29] interlocutoria i mezzi istruttori che ritiene opportuni, stabilendo allora i termini e i modi per l’esecuzione[30].

In seguito alla chiusura[31] dell’istruttoria il Presidente convoca la Corte per la discussione[32]. Nella prassi, la convocazione della Corte viene fatta dal Presidente contestualmente alla nomina del Giudice relatore, ed entrambe sono l’esito di un compito preparatorio, svolto da un apposito Ufficio della Corte, in collaborazione con uno o più assistenti di studio del Presidente.

Prima della deliberazione finale, la Corte può assumere una serie di decisioni processuali a carattere non definitivo (in conseguenza delle quali, cioè, non si spoglia della questione). Decide, ad esempio, la trattazione congiunta e la riunione delle cause[33]; le richieste di intervento di terzi; rinvia la questione a nuovo ruolo; esercita il potere istruttorio; solleva di fronte a se stessa la questione di legittimità costituzionale; rimette la causa alla pubblica udienza, e così via[34].

Tale compito si sostanzia nello studio preliminare delle ordinanze di rimessione, con la finalità di identificare le questioni, accorpare le ordinanze che sollevano questioni similari o analoghe, individuare per ciascuna questione i precedenti decisi e pendenti, rilevare per ciascun atto le eventuali ragioni di inammissibilità della questione, monitorare l’evoluzione del quadro normativo in cui la questione si inserisce. La conclusione di tale studio finisce con una proposta indirizzata al Presidente del rito da seguire, del relatore, e della data di fissazione. Una siffatta proposta ha come scopo bilanciare le questioni di maggiore o minore complessità nelle varie udienze e tra i singoli relatori.

Successivamente, il fascicolo della causa viene trasmesso immediatamente dopo la fissazione, a cura del cancelliere, al giudice relatore[35]. Inoltre la stessa Cancelleria comunica alle parti costituite ed agli intervenienti i decreti presidenziali di convocazione della Corte in udienza pubblica o in camera di consiglio emessi in esito alla formazione dei ruoli delle cause[36]. Tale notificazione deve essere eseguita almeno venti giorni prima della data fissata per la riunione della Corte[37]. Simili notificazioni sono eseguite dal cancelliere relativamente al deposito della documentazione di cui il Presidente, su proposta del giudice relatore, disponga l’acquisizione. Infine, è da notare che è ammesso alle parti presentare memorie illustrative nella Cancelleria della Corte, nel numero di copie sufficienti per il collegio e per le parti, fino al dodicesimo giorno libero prima dell’udienza o della riunione in camera di consiglio[38].

All’udienza il giudice relatore espone le questioni della causa, i difensori delle parti svolgono succintamente i motivi delle loro conclusioni[39]. La rappresentanza e la difesa delle parti può essere affidata soltanto ad avvocati abilitati al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione, allo scopo di garantire la qualificazione dei difensori e l’efficienza della difesa tecnica in armonia con l’articolo 24 della Costituzione Italiana[40].

La Corte costituzionale come è stato già accennato opera collegialmente. Per tali motivi, per la validità delle sue ordinanze e sentenze occorre che alle sedute di trattazione della causa abbiano partecipato almeno undici giudici. Le decisioni sono deliberate in camera di consiglio e non sono suscettibili di alcuna impugnazione[41].

Alla deliberazione devono partecipare tutti i giudici che siano stati presenti a tutte le udienze fino alla chiusura della discussione della causa. Il relatore vota per primo, votano poi gli altri giudici; cominciando dal meno anziano d’età, per ultimo vota il Presidente. Dopo la votazione, la Corte nomina un giudice per la redazione dell’ordinanza o della sentenza, il cui testo è approvato dal collegio in camera di consiglio. La data della decisione è quella dell’approvazione del testo. Le ordinanze e le sentenze sono sottoscritte dal Presidente e dal giudice redattore[42].

Le sentenze vengono adottate a maggioranza, nell’ipotesi di parità il voto del Presidente prevale. Inoltre, al riguardo va ricordato, che non esiste la opportunità per i giudici dissenzienti di manifestare opinione difforme. Inoltre, la sentenza con la quale la Corte si pronunzia sulla questione di illegittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge o l’ordinanza con la quale è dichiarata la manifesta infondatezza dell’eccezione di incostituzionalità, vengono successivamente depositate in cancelleria ed entro due giorni dalla deliberazione, unitamente agli atti del processo, e trasmesse all’autorità giurisdizionale, che ha promosso il giudizio[43].

Della sentenza di costituzionalità viene disposta, altresì, la trasmissione al Ministro della Giustizia ai fini della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, e della ripubblicazione (limitatamente al dispositivo) nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. Così come l’ordinanza di rimessione (ed il ricorso nel giudizio in via d’azione), le decisioni della Corte (le sentenze e le ordinanze che definiscono il giudizio) sono, infatti, sottoposte ad una disciplina pubblicitaria. Nel caso di leggi regionali, del dispositivo delle sentenze di accoglimento viene fatta menzione anche nel Bollettino ufficiale delle Regione. Infine, la decisione è comunicata alle Camere o ai Consigli regionali interessati “affinché, ove lo ritengano necessario adottino i provvedimenti di loro competenza[44]”.

In attuazione della norma costituzionale che nega il potere di impugnare le decisioni della Corte costituzionale[45], la legge prevede, altresì, che, nel caso di pronunzie di rigetto o di altre pronunzie a carattere comunque decisorio, quella specifica questione non può essere risollevata nello stesso grado del processo, ma solo in ognuno dei successivi[46]. L’identità del thema decidendum e delle parti preclude, pertanto, la riproposizione della questione nello stesso grado di giudizio, salvo che, come rilevato dalla Corte costituzionale, essa non venga riformulata in termini nuovi, con riferimento cioè ad un quadro normativo ed argomentativo sostanzialmente diverso[47]. A questo proposito l’unica eccezione è costituita dalle conseguenze nel processo a quo di quelle decisioni processuali della Corte che non hanno effetto preclusivo, di quelle decisioni, cioè, consistenti nella restituzione degli atti al giudice a quo. La logica di tali decisioni è, infatti, proprio quella di sollecitare l’eventuale riproposizione qualora ne ricorrano i presupposti. In altri termini, nel caso della restituzione degli atti (e a differenza della dichiarazione di inammissibilità) il giudice rimettente può “sanare il vizio” che ha impedito la continuazione del processo costituzionale[48].

NOTE:

[1]Riguardo al profilo processuale davanti alla Corte costituzionale, Cfr. L. PEGORARO, A. REPOSO, A. RINELLA, R. SCARCIGLIA, M. VOLPI, Diritto Costituzionale e Pubblico, cit., pp. 453 ss.; A. CERRI, Corso di Giustizia Costituzionale, cit., pp.201 ss; E. MALFATTI, S. PANIZZA, R. ROMBOLI, Giustizia Costituzionale, cit., pp. 112 ss; T. MARTINES, Diritto Costituzionale, cit., pp. 316 ss.

[2]V. l’articolo 25, primo comma, della legge n. 87 del 1953, articolo 2 delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 33 e 45.

[3]V. l’articolo 25, secondo e terzo comma, della legge n. 87 del 1953, articoli 3 e 4 delle Norme integrative 16 marzo 1956, in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 33 e 46.

[4]V. l’articolo 3, delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 46.

[5]V. l’articolo 22, delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 54.

[6]V. l’articolo 23, terzo comma, delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 55.

[7]V. l’ordinanza n. 327 del 1995, sentenze n. 1, n. 375 del 1996, in www.cortecostituzionale.it.

[8]V. l’ordinanza n. 95 del 1987, in www.cortecostituzionale.it.

[9]V. l’articolo 25, terzo comma, della legge n. 87, articolo 4 delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 34, 46, 47.

[10]Cfr. F.S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 540.

[11]V. gli articoli 23 e 25, della Legge n. 87 del 11 marzo del 1953, in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 32 ss.

[12]V. la sentenza n. 163 del 2005,  in www.cortecostituzionale.it.

[13]V. l’articolo 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, (Delibera della Corte costituzionale del 16 marzo del 1956 e successive modificazioni). In cui si attribuisce alla Corte costituzionale la decisione sull’ammissibilità di eventuali interventi di altri soggetti. in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 47.

[14]V. l’ordinanza n. 250 del 2007, in www.cortecostituzionale.it.

[15]V. le sentenze n. 429 del 1991, n. 456 del 1993, in www.cortecostituzionale.it.

[16]V. la sentenza n. 50 del 2004, in www.cortecostituzionale.it.

[17]V. le sentenze n. 350 del 1998 e 163 del 2005, in www.cortecostituzionale.it.

[18]Cfr. F.S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 540.

[19]V. l’articolo 26, della Legge n. 87 del 11 marzo del 1953, in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 34.

[20]V. l’articolo 26, secondo comma della Legge n. 87 del 11 marzo del 1953, in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari,  cit., p. 34.

[21]V. la sentenza n. 210 del 1983, in www.cortecostituzionale.it.

[22]V. l’articolo 26, secondo comma, della legge n. 87, articolo 9 delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 34, 49.

[23]V. l’ordinanza n. 451 del 1995,  in www.cortecostituzionale.it.

[24]V. l’articolo 9, quarto comma, delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 49.

[25]In quanto ai mezzi di prova, v. gli articoli 12 e 13, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte del 16 marzo del 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 50.

[26]V. ordinanza n. 451 del 1995, in www.cortecostituzionale.it.

[27]V. l’articolo 26, della legge n. 87, del 11 marzo 1953 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 34.

[28]V. l’articolo 13, in  SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 28.

[29]V. ad esempio l’ordinanza del 10 de aprile del 2002, con la quale ha chiesto al Presidente del Consiglio la documentazione relativa ad una tassa di concessione regionale. In www.cortecostituzionale.it.

[30]V. l’articolo 12, delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari,  cit., p. 50.

[31]V. l’articolo 14, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte del 16 marzo del 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 50.

[32]V. l’articolo 26, della legge n. 87, del 11 marzo 1953 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 34.

[33]V. l’articolo 15, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte del 16 marzo del 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 51.

[34]Cfr. F.S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 541.

[35]V. gli articoli 7 e 11, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte del 16 marzo del 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 48 ss.

[36]V. l’articolo 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte del 16 marzo del 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 48.

[37]V. gli articoli 8 e 9, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte del 16 marzo del 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 48 ss.

[38]V. l’articolo 10, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte del 16 marzo del 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 49.

[39]V. l’articolo 17, delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 51.

[40]V. la sentenza n. 173 del 1996,  in www.cortecostituzionale.it.

[41]V. l’articolo 137, terzo comma, della Costituzione, in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 14.

[42]V. l’articolo 18, delle Norme integrative 16 marzo 1956 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 52.

[43]V. l’articolo 29, della legge n. 87, del 11 marzo 1953 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 34.

[44]V. gli articoli 30, della legge n. 87, del 11 marzo 1953, 15 e 16, dPR n. 1092 del 1985; 12, dPR 217 del 1986 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 35.

[45]V. l’articolo 137, terzo comma, della Costituzione, in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 14.

[46]V. l’articolo 24, della legge n. 87, del 11 marzo 1953 in SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 33.

[47]V. la sentenza n. 12 del 1998,  in www.cortecostituzionale.it.

[48]Cfr. F.S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 542.

 

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