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PROFILI PROCESSUALI NEI CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE, DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA: YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

PROFILI PROCESSUALI NEI CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE, DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Il conflitto è introdotto da un ricorso. Ai fini dell’ammissibilità del ricorso è necessario che il ricorrente dimostri di aver subito una lesione attuale (e non solo potenziale), e concreta (non solo teorica) della sua competenza. L’interesse a ricorrere è requisito richiesto tanto per la Regione che per lo Stato, diversamente dai giudizi di legittimità in via principale, nei quali solo la Regione deve dimostrare l’interesse a ricorrere. Qualora l’interesse al ricorso venga meno, come ad esempio nel caso di revoca o annullamento dell’atto,  la Corte dichiara la “cessata materia del contendere”[1].

Ai sensi dell’articolo 2 lett. g, della Legge 400 del 1988[2] il ricorso per conflitto deve essere deliberato per lo Stato dal Consiglio dei Ministri. Per quanto riguarda la Regione, in base all’articolo 39, comma 3, della Legge n. 87 del 1953[3],  tale potere appartiene alla Giunta. Spetta quindi agli organi collegiali decidere se o cosa impugnare, determinando, a pena di inammissibilità, l’oggetto e i termini del conflitto[4]. Il ricorso deve essere presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (o da un Ministro da lui delegato) o dal Presidente della Giunta regionale[5] entro sessanta giorni, per entrambi i soggetti, dalla pubblicazione, dalla notificazione o comunque della conoscenza dell’atto.

Il termine è perentorio, diversamente dai conflitti tra poteri che sono proponibili in ogni tempo a condizione che permanga l’attualità dell’interesse a ricorrere. Di conseguenza nel confitto tra enti è dichiarato inammissibile il ricorso presentato tardivamente.

La notifica del ricorso va effettuata direttamente dal ricorrente (Presidente del Consiglio o della Regione o della Provincia autonoma , ex articolo 27[6], comma primo delle Norme integrative. I). Entro venti giorni dall’ultima notifica, il ricorso deve essere depositato in Cancelleria e la controparte può costituirsi in giudizio[7].

Non si applica di regola, al conflitto l’istituto dell’acquiescenza. Anche se l’atto non viene impugnato è possibile, cioè, l’impugnazione di un diverso e successivo atto di contenuto analogo, a meno che non si tratti di atti meramente confermativi o esecutivi, impugnati con lo scopo di determinare una surrettizia estensione del giudicato costituzionale, all’atto ormai inoppugnabile per scadenza del termine[8].

La Corte di recente ha ammesso l’intervento di terzi al contraddittorio, nel caso in cui l’oggetto del conflitto incida sulla definitiva affermazione, o negazione dello stesso diritto delle parti intervenienti di agire nel giudizio comune[9].

Per molto tempo la dottrina si è chiesta se la pronuncia della Corte investa la competenza oppure l’atto, ed ancora, per la prima ipotesi se la competenza in astratto, ovvero la competenza in concreto, cioè ad adottare ogni atto suscettibile di essere posto in esercizio della competenza contestata ovvero unicamente l’atto impugnato[10]. Si è affermata la tesi secondo la quale la pronuncia del giudice costituzionale ha per specifico e diretto oggetto la competenza, e solo in via mediata si riflette sull’atto, annullato a seguito dell’accertamento della lesione o menomazione della competenza tramite esso operatosi. Dispone, infatti, l’articolo 38 della Legge n. 87 del 1953, cui rinvia l’articolo 41[11], che la Corte risolve il conflitto nel merito, dichiarando a quale soggetto spetta la competenza in contestazione e, se è stato emanato un atto in esercizio di essa lo annulla. Pertanto la decisione della Corte ha efficacia solo inter partes, riguardando la competenza in concreto, senza quindi che si determini nessuna preclusione per l’ulteriore esercizio della competenza stessa tramite la produzione di atti diversi da quello caducato. Diversa è tuttavia l’incidenza della sentenza della Corte, su gli atti diversi da quello impugnato, anche dello stesso soggetto, soprattutto se non ancora adottate, la cui emanazione anche se inopportuna, non è da considerare lesiva del giudicato costituzionale. Ed ancora diversa è l’estensione degli effetti della pronuncia della Corte, a soggetti che non hanno preso parte al processo[12].

Per quanto riguarda lo svolgimento del processo, la legge rimanda alle regole previste per i giudizi di legittimità costituzionale, ad eccezione della fase cautelare. Con riferimento a quest’ultima, infatti, l’articolo 40[13] della Legge n. 87 del 1953 prevede, che la Corte possa adottare per “gravi ragioni” una ordinanza motivata di sospensione dell’atto[14].

La legge non disciplina, invece, l’ipotesi in cui lo stesso atto venga impugnato sia davanti al giudice costituzionale, in sede di conflitto tra enti, sia dinnanzi al giudice amministrativo. Non essendo stabilita una pregiudizialità obbligatoria, né il giudice amministrativo, né la Corte costituzionale, anche se il processo si svolge tra le stesse parti e relativamente allo steso atto, devono sospendere il giudizio nell’attesa che si concluda l’altro, ma hanno la possibilità di procedere contemporaneamente[15]. Il giudice costituzionale ha, infatti, affermato che le due giurisdizioni agiscono su piani diversi, in quanto di fronte a sé viene in rilievo solo il profilo del disconoscimento o della menomazione di una competenza costituzionale dell’ente[16].

In ogni modo, l’eventuale sentenza definitiva di annullamento, ha effetti sull’altro processo. Si ricorda al riguardo l’ordinanza n. 168 del 2003, con la quale la Corte costituzionale ha affermato la cessata materia del contendere, in quanto l’atto lesivo era già stato annullato dal giudice amministrativo con una sentenza passata in cosa giudicata.

[1]Cfr. R. Bin, G. Pitruzzella, Diritto costituzionale, cit., p. 464.

[2]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 89.

[3]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 41.

[4]Cfr. G. Guzzetta, F .S. Marini, Diritto pubblico italiano ed europeo, cit., p. 564.

[5]Il Presidente del Consiglio e il Presidente della Giunta sono gli unici soggetti in senso processuale, cioè abilitati a partecipare al giudizio, quale che sia la parte sostanziale lesa o menomata nella competenza. Cfr. sentenze nn. 215/1988 e 140/1999.

[6]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 57.

[7]Osserva E. Malfatti, S. Panizza, R. Romboli, Giustizia costituzionale, cit., p. 214, “ Nel conflitto tra poteri invece, dovendo ogni ricorso superare il vaglio della pronuncia liminare di ammissibilità, il deposito è immediato ma la notifica avviene al o d ai controinteressati solo in un secondo momento, su disposizione della Corte, ed in seguito ad essa si ha un nuovo deposito del ricorso dichiarato ammissibile, con la prova delle eseguite notificazioni”.

[8]Cfr. G. Guzzetta, F .S. Marini, Diritto pubblico italiano ed europeo, cit., p. 564.

[9]V. le sentenze nn. 76/2001 e 195/2007.

[10]Cfr. A. ruggeri, A. spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, cit., p. 268.

[11]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 40.

[12]Cfr. A. ruggeri, A. spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, cit., p. 268.

[13]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 41.

[14]V. la sentenza n. 152/2006.

[15]Cfr. G. Guzzetta, F .S. Marini, Diritto pubblico italiano ed europeo, cit., p. 564.

[16]V. La sentenza n. 740/1988.

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