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IL GIUDIZIO DI AMMISSIBILITÀ DEL REFERENDUM, LA FASE DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA: YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

IL GIUDIZIO DI AMMISSIBILITÀ DEL REFERENDUM, LA FASE DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Quando lo scrutinio di legittimità ha esito positivo, si apre il vero e proprio giudizio di ammissibilità davanti alla Corte costituzionale.

Il Presidente della Corte costituzionale, ricevuta comunicazione dell’ordinanza dell’Ufficio centrale, che dichiara la legittimità di una o più richieste di referendum, fissa il giorno della deliberazione in Camera di consiglio non oltre il 20 gennaio dell’anno successivo a quello in cui la predetta ordinanza è stata pronunciata, e nomina il giudice relatore. Della fissazione del giorno della deliberazione è data comunicazione di ufficio ai delegati o presentatori e al Presidente del Consiglio dei Ministri[1].

Allo svolgimento del giudizio di ammissibilità possono applicarsi solo in parte le categorie del diritto processuale generale, trattandosi di un procedimento sui generis estraneo sia alle comuni forme giurisdizionali, sia a molte delle forme caratterizzanti gli altri giudizi affidati alla Corte costituzionale[2].

È importante ricordare che non vi sono parti necessarie, analogamente a quanto accade nel giudizio incidentale, infatti per quanto concerne il contraddittorio[3] è prevista una semplice facoltà di “presentare” memorie[4] da parte dei presentatori o dei delegati del Governo[5]. Tale deposito delle memorie sulla legittimità costituzionale delle richieste di referendum, avviene non oltre tre giorni prima della data fissata per la deliberazione[6].

È importante notare a tale riguardo che la Corte, fin dalla sentenza n. 16/1978, ha consentito agli interventori di illustrare oralmente in quella sede le memorie previamente depositate. Negli ultimi anni, si è affermata una giurisprudenza[7] favorevole all’ampliamento dei soggetti auditi, anche se questo non ha significato il riconoscimento a favore di costoro di un vero e proprio diritto ad intervenire. La Consulta ha conciliato così l’esigenza di “apertura” del giudizio ad ulteriori argomenti, interessi e “voci” in tema di ammissibilità dei singoli referendum con quella del rispetto di una scansione temporale del processo sottoposta a limiti molto rigidi. Tali soggetti, portatori di interessi diffusi coinvolti dall’iniziativa abrogativa, hanno facoltà di depositare memorie ed illustrarle a margine della Camera di consiglio[8].

La Corte costituzionale, a norma dell’articolo 2 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, decide con sentenza da pubblicarsi entro il 10 febbraio, quali tra le richieste sono ammesse e quali respinte[9], perché contrarie al disposto del secondo comma dell’articolo 75 della Costituzione.

Di fatti, il giudizio può concludersi solo con sentenze che ammettono o respingono la richiesta, alle quali è data la pubblicità[10] ed attribuito il regime di non impugnabilità che caratterizza le decisioni della Consulta, per l’ipotesi di ammissibilità “parziale”. Se la Corte ammette la richiesta[11], il Presidente della Repubblica può procedere, dietro delibera del Consiglio dei Ministri, all’indizione del referendum; qualora partecipi alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, l’esito[12] della consultazione sarà determinato dalla prevalenza dei voti favorevoli o contrari all’abrogazione (in quest’ultimo caso per i successivi cinque anni non è dato riproporre il medesimo quesito).

Alla sentenza di ammissibilità del referendum si applica il principio della inoppugnabilità delle pronunce della Corte, di cui all’articolo 137, comma 3 della Costituzione. Ciò nonostante, siccome il giudizio ha ad oggetto l’ammissibilità del referendum, vale a dire, uno scrutinio “sulla legittimità costituzionale delle richieste di referendum”, la Corte ha facoltà di intervenire nuovamente sulla materia, investita della questione attraverso gli altri mezzi di accesso al sindacato costituzionale, nell’ipotesi in cui a seguito del referendum, risultassero profili di incostituzionalità della situazione normativa conseguente, ovvero la c.d. normativa di risulta. Come si può evincere il giudizio di ammissibilità coincide dunque con una valutazione di fondatezza o infondatezza della incostituzionalità della volontà normativa (nella fattispecie referendaria), di conseguenza, nell’ipotesi dell’infondatezza (rectius: dell’ammissibilità), analogamente a quanto accade nei giudizi di legittimità costituzionale delle legge, non sono precluse ulteriori questioni sulla stessa norma da parte della Consulta[13].

Infine della sentenza è data comunicazione al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle due Camere, al Presidente del Consiglio dei Ministri, all’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di Cassazione, nonché ai delegati o ai presentatori entro cinque giorni dalla pubblicazione della sentenza stessa. Entro lo stesso termine il dispositivo della sentenza è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica[14].

NOTE: 

[1]V. l’articolo 33 della Legge costituzionale n. 352 del 25 maggio 1970, in M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 172 ss.

[2]Secondo E. FERIOLI: “ (…) in sentenza n. 251/1975 appare testualmente definita come una competenza che si è aggiunta a quelle demandante alla Corte dall’articolo 134 della Costituzione. Il relativo giudizio, per il limitato oggetto, per la sua inserzione in un procedimento unitario che si articola in più fasi consecutive e consequenziali, per la sua peculiare funzione di controllo in ordine ad un atto del procedimento di abrogazione in corso, si atteggia con caratteristiche specifiche ed autonome nei confronti degli altri giudizi riservati a questa Corte, ed in particolare rispetto ai giudizi sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge”. (qui riportato quasi testualmente). V. La Giustizia costituzionale, cit., p. 580.

[3]Al riguardo, E. FERIOLI: “ (…) questa indicazione è stata corretta dalla stessa Corte sin dalla sentenza n. 16/1978 che, ad integrazione del contraddittorio espressamente previsto dall’articolo 33, co. 3, l. 352/1970, ha caratterizzato gli avvocati dei soggetti legittimati al deposito di memorie ad esporre oralmente in Camera di Consiglio le ragioni a favore o contro l’ammissibilità. In seguito, la Consulta si è a lungo astenuta da puntuali posizioni sull’estensione del contradditorio, rivelandosi particolarmente evasiva in merito alla partecipazione di soggetti “ulteriori”, malgrado gli appropriati avvertimenti degli osservatori che ritengono inopportuno limitare esclusivamente ai promotori ed al Governo la possibilità di argomentare i motivi di ammissibilità o inammissibilità. Al riguardo, si registra una svolta nel 2000, quando con sentenza 31 la Consulta abbandona l’atteggiamento dio chiusura manifestato nelle decisioni 10/1972, 27/1981, 64/1990, 47/1991, 32-33-37/1993 verso i soggetti ulteriori, ed  invita alla Corte i protagonisti diversi dai presentatori, consentendone loro la facoltà ed illustrare memorie al cospetto della Corte in sede di giudizio di ammissibilità ed escludendo che tale legittimazione vada intesa come attribuzione della qualità di interventore o possa alterare la scansione temporale del giudizio fissata dal legislatore. A breve giro, la Corte avrebbe ripetutamente giustificato tramite laconico riferimento alla sentenza 31/2000 il coinvolgimento di soggetti ultronei riguardo al dettato delle norme vigenti (v. sentenze 36-39-41-42-43-45-46-47-49/2000, estensione che incontra, peraltro, il disaccordo di voci autorevoli quali V. Crisafulli e G. Zagrebelsky, limitandosi ad allargare il coro di voci meritevoli di audizione senza individuare precisi criteri di selezione delle medesime. Ed ancora, il timori che siffatti pertugi richiamassero folle di partecipanti, è stato smentito nel 2003; al contrario, in occasione del giudizio di ammissibilità del referendum sulla procreazione assistita del 2005, a fronte di consistente richieste di partecipazione di soggetti ulteriori, la Corte ha gestito la situazione ascoltando le istanze di quanti potessero contribuire alla valutazione della delicata richiesta, nella consapevolezza che ciò potesse alimentare sia la completezza delle sue informazioni sulle questioni, sia un suo inadeguato ingresso in valutazioni di merito, nell’opinione di A. Pertici, uno dei rischi sottesi all’estensione del contradditorio è quello di spostare di fronte alla Corte il confronto sul merito della normativa, anziché, semplicemente della sua abrogabilità a mezzo di referendum”. (qui riportato quasi testualmente). V. La Giustizia costituzionale, cit., pp. 581 ss.

[4]Su questo aspetto, A. CELOTTO: “(…) gli stessi soggetti peraltro, per prassi giurisprudenziale ormai consolidata, sono ammessi ad esporre oralmente le proprie ragioni nella Camera di consiglio. A questo proposito, va rammentato che solo in tempi recenti, segnatamente a partire dal 2000 (sent.. 31 di quell’anno), la Corte ha abbandonato la linea di rigorosa limitazione del novero dei legittimati a depositare memorie ai soli esplicitamente previsti dalla legge, consentendone a qualunque altro soggetto la possibilità di partecipazione al giudizio, alla sola condizione – restando, però un mistero come possa essere fatta valere – che da siffatto allargamento del contradditorio non ne derivi un pericolo per la scansione temporale del giudizio stesso. Difatti, la Corte costituzionale è chiamata a decidere l’ammissibilità della richiesta di referendum con sentenza da pubblicarsi entro e non oltre il 10 febbraio. Invece, se il controllo dell’Ufficio centrale per il referendum viene svolto assumendo a parametro del giudizio la normativa legislativa, lo scrutinio della Corte deve esercitarsi alla stregua di un parametro costituzionale. Tale parametro parrebbe pacificamente individuabile, anche secondo il dettato della stessa legge n. 352, esclude esplicitamente che il referendum possa svolgersi con riguardo a “leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali!”. A questo orientamento, del resto, si era ispirata la Corte costituzionale nelle due prime occasioni in cui era stata chiamata a pronunziarsi nelle vesti di giudice di ammissibilità, limitando il proprio scrutinio ad un mero riscontro sulla corrispondenza dell’oggetto delle richieste referendarie ad una delle categorie di leggi elencate nel capoverso dell’articolo 75 (sentt. Nn. 10/1972 e 251/1975)”. (qui riportato quasi testualmente). V. Lineamenti di diritto pubblico, cit., p. 716.

[5]Al riguardo, E. FERIOLI: “(…) in quanto alla legittimazione del Governo, che si differenzia dal giudizio incidentale, dove l’intervento è attribuito al Presidente del Consiglio, e che si presume rispondere ad esigenze di difesa della stabilità dell’ordinamento. Tale intervento, per quanto formalmente circoscritto alla presentazione di memorie, suscita perplessità in quanti vedono esorbitante il sistematico coinvolgimento di un rappresentante ex parte potestatis, che non è detto rifletta la maggioranza politica cui è addebitabile la abroganda disposizione e che non può, pertanto, considerarsi emblema dell’unitario interesse istituzionale sulla questione in causa (nonostante sentenza 10/1972). Una volta abilitato, il Governo dovrebbe assicurare la propria presenza, quanto meno a titolo di amicus curiae in grado di facilitare le condizioni necessarie e sufficienti per un legittimo contradditorio (ancora sentenza 10/1972); sicché la latitanza governativa nel periodo 1993-2004 avrebbe potuto causare una mutilazione del contradditorio”. (qui riportato quasi testualmente). V. La Giustizia costituzionale, cit., p. 582.

[6]Cfr. R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto Pubblico, cit., pp. 496 ss; P. CARETTI, U. DE SIERVO, Istituzioni di Diritto Pubblico, cit., p. 408; E. MALFATTI, S. PANIZZA, R. ROMBOLI, Giustizia Costituzionale, cit., pp. 260 ss; L. MEZZETTI, Manuale Breve Diritto Costituzionale, cit., p. 420; DI CELSO M. MAZZIOTTI, SALERNO G.M., Manuale di Diritto Costituzionale, cit., p. 541; A. CELOTTO, La Corte costituzionale, cit., p. 114; A. CERRI, Corso di Giustizia Costituzionale, cit., pp. 478 ss; A. RUGGERI, A. SPADARO, Lineamenti di Giustizia Costituzionale, cit., pp. 272 ss.

[7]V. le sentenze n. nn. 31/2000 e 45/2005. In www.cortecostituzionale.it

[8]Cfr. G. GUZZETTA, F. S. MARINI, Diritto pubblico italiano ed europeo, cit., p. 567.

[9]Cfr. R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto Pubblico, cit., pp. 497 ss; P. CARETTI, U. DE SIERVO, Istituzioni di Diritto Pubblico, cit., p. 408; E. MALFATTI, S. PANIZZA, R. ROMBOLI, Giustizia Costituzionale, cit., pp. 267 ss; DI CELSO M. MAZZIOTTI, SALERNO G.M., Manuale di Diritto Costituzionale, cit., p. 541; G. U. RESCIGNO, Corso di Diritto Pubblico, cit., p. 476; L. PEGORARO, A. REPOSO, A. RINELLA, R. SCARCIGLIA, M. VOLPI, Diritto Costituzionale e Pubblico, cit., pp. 479 ss; A. CELOTTO, La Corte costituzionale, cit., p. 114; A. CERRI, Corso di Giustizia Costituzionale, cit., pp. 481 ss; A. RUGGERI, A. SPADARO, Lineamenti di Giustizia Costituzionale, cit., pp. 274 ss; F. MODUGNO, Diritto pubblico generale, cit., pp. 167 ss.

[10]V. l’articolo 33 della Legge costituzionale n. 352 del 25 maggio 1970, in M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 172 ss.

[11]V. l’articolo 34 della Legge costituzionale n. 352 del 25 maggio 1970, in M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 173.

[12]Su questo argomento, E. FERIOLI: “(…) è da ricordare che un punto assai delicato della riflessione ruota attorno alla possibilità di assimilare natura ed effetti del giudizio di ammissibilità all’una o all’altra delle competenze della Corte. La presunta eco del carattere soggettivo tipico del conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, in specie corpo elettorale e legislatore, non resiste alle obiezioni fondate sul carattere fermamente oggettivo della pronuncia. Per converso, l’accostamento al sindacato di legittimità costituzionale svela elementi di contato (valorizzati con differenti itinerari argomentativi da Crisafulli), nonostante la divaricazione intercorrente fra sindacato di legittimità dell’esito referendario e preventivo controllo di ammissibilità sotto il profilo della struttura, dell’oggetto, del parametro, delle dinamiche processuali e, soprattutto, del parere della Corte. Di fatti, per costante giurisprudenza, il giudizio sulla sola ammissibilità della richiesta referendaria si atteggia con – caratteristiche specifiche ed autonome nei confronti degli altri giudizi riservati alla Corte, ed in particolare rispetto ai giudizi sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti con forza di legge – (cfr. sentenze 251/1975 e 16/1978); cosicché dalle decisioni di ammissibilità non sarebbe dato trarre conseguenze circa la conformità o meno a Costituzione della normativa di risulta derivante dall’effetto abrogativo del referendum e, semmai, – ciò che può rilevare, ai fini del giudizio di ammissibilità della richiesta referendaria, è soltanto una valutazione liminare ed inevitabilmente limitata del rapporto tra oggetto del quesito e norme costituzionali, al fine di verificare se, nei singoli casi di specie, il venire a meno di una determinata disciplina non comporti ex se un pregiudizio totale all’applicazione di un precetto costituzionale, consistente in una diretta e immediata vulnerazione delle situazioni soggettive o dell’assetto organizzativo risultanti a livello costituzionale – ( così sentenza 45/2005). Tuttavia, simili affermazioni sembrano contraddette dalla stessa Corte nelle pronunce in cui essa asserisce che la domanda abrogativa deve valutarsi – nella sua portata oggettiva e nei suoi effetti diretti per esaminare (…) se essa abbia per avventura un contenuto non consentito perché in contrasto con la Costituzione – (v. sentenze 17/1997 e 45/2005), o nelle copiose pronunce dove al Corte indaga l’idoneità del quesito al raggiungimento dello scopo, insinuandosi in valutazioni che poco dissomigliano da un giudizio sulla coerenza/ragionevolezza dei possibili esiti dell’abrogazione (v., ad esempio, sentenze 29/1987, 35-36-37-40/2000)”. (qui riportato quasi testualmente). V. La Giustizia costituzionale, cit., p. 583.

[13]Cfr. G. GUZZETTA, F. S. MARINI, Diritto pubblico italiano ed europeo, cit., p. 568.

[14]Su questi aspetti v. R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto Pubblico, cit., pp. 496 ss; T. MARTINES, Diritto Costituzionale, cit., pp. 219 ss; A. CELOTTO, La Corte costituzionale, cit., p. 114; A. RUGGERI, A. SPADARO, Lineamenti di Giustizia Costituzionale, cit., p. 274 ss.

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