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IL GIUDIZIO SUI REATI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA: YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

IL GIUDIZIO SUI REATI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

 

Tra le altre attribuzioni conferite alla Corte costituzionale[1] si deve annoverare quella di natura residuale[2], ovvero la competenza sul giudizio sui reati del Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni eccetto che per “alto tradimento” e “attentato alla Costituzione”. Tale attribuzione della Corte, peraltro mai attivata, può essere letta come una forma di garanzia ulteriore apprestata nell’ordinamento costituzionale[3].

La forma di “giustizia politica[4]”, nasce con il principio della irresponsabilità del Capo dello Stato o del Re, il quale per definizione “non può far male”. Questo principio ha radici nell’istituto dell’impechment anglosassone[5], sviluppatosi in Inghilterra nel Medioevo, come controllo delle Camere nei consiglieri del Re. L’impeachment si è poi radicato nel sistema presidenziale[6] degli Stati Uniti, come strumento per far valere la responsabilità politica del Presidente, eventualmente rimuovendolo dalla carica.

In Italia il sistema dello Statuto albertino[7] aveva affidato al Senato costituito in Alta Corte di giustizia, previa accusa da parte della Camera dei deputati, il giudizio sui reati ministeriali, ma da tale controllo era escluso il Re, la cui persona era “sacra e inviolabile” stante l’assoluta irresponsabilità di quest’ultimo[8]. Infatti, in base all’articolo 36 dello Statuto il Senato giudicava i crimini di “alto tradimento” e di “attentato alla sicurezza dello Stato” commessi dalle alte cariche dello Stato.

Successivamente[9] con la Costituzione repubblicana, si è voluto mantenere uno speciale strumento giudiziario per far valere la responsabilità dei soggetti istituzionalmente preposti alla guida dello Stato, affidandoli al giudizio di un organo ad hoc, che potesse adeguatamente valutare la particolarità delle situazioni. Divenuto organo politico il Senato, è stato naturale attribuire questa competenza alla Corte costituzionale[10], che in questa ipotesi[11] opera nella composizione integrata[12].

La ratio attuale della giurisdizione penale-costituzionale del Capo dello Stato[13], è da ricercarsi nell’esigenza di sottrarre le particolari figurae criminis di cui si tratta al sindacato penale della giurisdizione ordinaria, sede non adeguata per valutazioni che non sono solo strettamente giuridiche ma anche politico-costituzionali.

NOTE: 

[1]V. l’articolo 134 della Costituzione in M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 12.

[2]Su questi aspetti v. A. RUGGERI, A. SPADARO, Lineamenti di Giustizia Costituzionale, cit., p. 286; L. PEGORARO, A. REPOSO, A. RINELLA, R. SCARCIGLIA, M. VOLPI, Diritto Costituzionale e Pubblico, cit., pp. 481 ss; DI CELSO M. MAZZIOTTI, G.M. SALERNO, Manuale di Diritto Costituzionale, cit., pp. 538 ss; P. CARETTI, U. DE SIERVO, Istituzioni di Diritto Pubblico, cit., pp. 407 ss; R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto Pubblico, cit., p. 499; S. M. CICCONETTI, Lezioni di Giustizia Costituzionale, cit., pp. 113 ss.

[3]V. R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, IX edizione, G. Giappichelli, Torino 2008, p. 465.

[4]La “giustizia politica” secondo Alfonso Celotto, “reca in sé un’insanabile contraddizione. Accoppia, infatti, due termini profondamente divergenti: uno ispirato all’imparzialità e all’oggettività delle decisioni in base al diritto (giustizia), l’altro alla parzialità e alla valutazione delle ragioni dell’opportunità (politica). Questa difficile sintesi nasce dall’esigenza di una forma di giurisdizione speciale per valutare i comportamenti dei soggetti politici di vertice, tenendo in considerazione i contesti politico-istituzionali in cui hanno agito. Emblematici sono i casi che Vittorio Emanuele Orlando ricordava all’Assemblea costituente per giustificare la necessità di istituti di questo genere. Durante la Prima guerra mondiale, come primo ministro, si era assunto la responsabilità di firmare migliaia di passaporti falsi per ragioni di controspionaggio e di far puntellare il Maschio angioino di Napoli, divenuto improvvisamente pericolante, con fondi extrabilancio. Si trattava di fatti penalmente rilevanti, ma politicamente necessari per la ragion di stato che li ispirava: pertanto, erano da valutare con criteri non solamente giuridici. La “giustizia politica” richiede di derogare alla competenza delle autorità giudiziarie ordinarie, per dar vita a forme di giudizi particolari, svolti da organi speciali, idonei a valutare la politicità dei fatti”. V. La Corte costituzionale, cit., pp. 108.

[5]Ibidem, p. 464.

[6]Anche nel caso messicano l’antecedente del giudizio di responsabilità politica si rinviene nell’impeachment anglosassone e nel juicio di residencia dell’epoca della dominazione spagnola. Tale garanzia procedurale mira a rafforzare l’autorità della Costituzione facendo sì che i funzionari pubblici di vertice agiscano con responsabilità, patriottismo, legalità, onesta ed efficienza. Il sistema delle responsabilità dei dipendenti pubblici è disposto dal titolo IV della Costituzione Federale. Il 28 dicembre 1982 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale una riforma che lo ha modificato. Perciò si sono stabilite quattro tipi di responsabilità, ovvero penale, civile, politica e amministrativa. Le prime due sono disciplinate dal Codice Penale e dal Codice Civile. Invece la responsabilità ammnistrativa e politica sono disciplinate dalla Legge generale sulla responsabilità dei funzionari pubblici, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 1982. I funzionari che possono essere posti sotto accusa sono elencati nell’articolo 110 della Costituzione Federale. Nel caso del Presidente della Repubblica, egli è soggetto a disposizioni speciali, ai sensi dell’articolo 108 della Costituzione Federale, nel corso del mandato questi può essere imputato solo per “tradimento alla patria” o per “gravi delitti contro l’ordine costituito”. In queste ipotesi, ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione Federale può essere incriminato dalla Camera dei deputati di fronte al Senato, con il rito del giudizio politico e in base alla legge penale applicabile.

[7]V. l’articolo 36 dello Statuto fondamentale della Monarchia di Savoia (Gazzetta Piemontese 5 marzo 1848, n. 56), in P. COSTANZO, Testi normativi per lo studio del diritto costituzionale italiano ed europeo, cit., p. 5.

[8]V. l’articolo 2 dello Statuto fondamentale della Monarchia di Savoia, Ibidem, p. 3.

[9]V. F. S. MARINI, Appunti di giustizia costituzionale, cit., p. 136.

[10]V. A.CELOTTO, La Corte costituzionale, cit., pp. 109.

[11]V. l’articolo 135, comma 4, della Costituzione in M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 12 ss.

[12]V. F.S. MARINI, Il principio di continuità degli organi costituzionali, Giuffrè, Milano 1997, pp. 37 ss.

[13]V. R. BIN, G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., p. 465; G. RICCIO, Studi sul processo penale, Edizioni Scientifiche italiane, Napoli 1988, pp. 348 ss.

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