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IL GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA (PRIMA E DOPO LA RIFORMA DEL 2001): YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

IL GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA (PRIMA E DOPO LA RIFORMA DEL 2001)

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

 

Come è noto la prima esperienza europea relativa al controllo in via principale si osserva nella Costituzione austriaca del 1920[1].

In Italia, un simile controllo fu previsto direttamente dalla Carta costituzionale e successivamente perfezionato dopo la sua entrata in vigore con la Legge Costituzionale n. 1/1948[2].

Tramite il giudizio in via principale lo Stato e le Regioni hanno facoltà di attuare in via diretta un controllo di legittimità rispetto all’esercizio delle competenze legislative, al fine di assicurare l’osservanza delle disposizioni costituzionali relative alla distribuzione dei poteri normativi tra i diversi livelli di governo.

In particolare l’articolo 134, della Costituzione conferisce alla Corte il potere di pronunciarsi sulle controversie riguardanti la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni. Ed ancora gli articoli 123[3] e 127[4] della Carta costituzionale e i relativi Statuti speciali, attribuiscono agli enti con potestà legislativa, il potere di ricorrere contro gli atti legislativi di altro ente, che eccedano il proprio ambito di competenza o che invadano la competenza di altrui.

Così dinanzi alla Consulta si possono sollevare i seguenti ricorsi: 1) contro leggi o atti aventi forza di legge dello Stato da parte delle Regioni ordinarie e speciali (o delle Provincie Autonome); 2) contro leggi o atti aventi forza di legge delle Regioni ordinarie da parte dello Stato; 3) contro leggi o atti aventi forza di legge delle Regioni speciali da parte dello Stato; 4) contro Statuti regionali ordinari da parte dello Stato; 5) contro leggi statutarie speciali da parte dello Stato; 6) contro leggi o atti con forza di legge, regionali o provinciali, da parte di altre Regioni e Provincie autonome.

Prima di continuare, è necessario ricordare che in passato il sindacato di costituzionalità prevedeva due forme di impugnazione: quella relativa alle leggi regionali da parte dello Stato e di leggi statali e, quella relativa alle Regioni da parte di altre Regioni. Tale giudizio era disciplinato asimmetricamente, a seconda che il ricorrente fosse lo Stato o la Regione.

Più precisamente il vecchio articolo 127[5]della Costituzione, analogamente a quanto disponevano gli Statuti speciali, fatta eccezione di quello siciliano, permetteva un controllo di tipo preventivo. Quindi, prima di sollevare il ricorso, il Governo doveva rinviare la legge al Consiglio regionale che l’aveva approvata obbligandolo, nell’ipotesi in cui avesse voluto insistere nella propria decisione, a riapprovarla a maggioranza assoluta[6].

Successivamente all’eventuale riapprovazione, il Governo prima dell’entrata in vigore della legge regionale poteva impugnare la legge dinnanzi alla Consulta, per vizi di legittimità, o davanti al Parlamento per vizi di merito, per contrasto con gli interessi nazionali e di altre Regioni.

Così il ricorso del Governo oltre al carattere preventivo svolgeva un effetto sospensivo in ordine all’entrata in vigore della legge regionale, di conseguenza essa poteva essere promulgata e pubblicata solamente dopo la pronuncia della Corte, (la quale aveva quindi ad oggetto non una vera e propria legge, bensì una delibera legislativa regionale[7]).

Nella seconda forma di impugnazione, cioè in quella regionale, il controllo era di carattere successivo e non impediva l’entrata in vigore della legge impugnata. Infatti, la Regione poteva impugnare una legge o un atto avente forza di legge statale o di altra Regione, nell’eventuale ipotesi di invasione o lesione della propria sfera di competenza, entro 30 o 60 giorni dalla pubblicazione dell’atto normativo.

Come si evince, i due tipi di ricorso erano tra loro molto diversi, poiché quello dello Stato presentava caratteri di maggiore invasività rispetto a quello regionale. Tale asimmetria per altro riguardava anche i vizi denunziabili in sede di ricorso[8].

Il ricorso statale poteva, infatti riguardare qualsiasi vizio di legittimità costituzionale, e lo Stato poteva  invocare qualsiasi parametro costituzionale[9]. Le Regioni per contro potevano impugnare leggi dello Stato o di un’altra Regione solo nel caso in cui ci fosse stata una invasione della competenza ad essa assegnata dalla Costituzione o da norme legislative interposte, come i decreti di attuazione degli Statuti speciali[10], o le norme di trasferimento delle funzioni statali[11].

Sulla falsa riga di tale disciplina[12], era disciplinato il giudizio in via principale per le Regioni speciali, eccezione fatta per la Regione Sicilia, che era simile al precedente articolo 127 della Costituzione.

Successivamente all’entrata in vigore della Legge Costituzionale n. 3 del 2001, è stato riformato il Titolo V della Parte II, della Costituzione e l’articolo 127 costituzionale. In seguito alla riforma così recita l’articolo 127: “Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente valore di legge”.

Da tale disposizione risulta[13]:

1) la parificazione sull’ambito processuale del ricorso dello Stato e del ricorso della Regione[14]: entrambi sono di tipo successivo e attuabili entro il termine di 60 giorni. È da ricordare che, tale termine vale anche per il ricorso di una Regione nei confronti di un’altra Regione; 2) l’eliminazione del controllo sulle leggi regionali da parte del Commissario del Governo; 3) l’eliminazione del vizio di merito delle leggi regionali per contrasto con gli interessi nazionali o con quelli di altre regioni e, conseguentemente, l’eliminazione della possibilità di ricorso per tali circostanze da parte del Governo e della relativa competenza a decidere su tale ricorso da parte delle Camere[15].

Si è osservato che la riforma, tende verso una “giurisdizionalizzazione” delle controversie tra enti, in ossequio al principio di legalità ed alla garanzia costituzionale delle rispettive competenze. Infatti, la prassi precedente basata sull’idea che gli enti di maggiori dimensioni godono di poteri di vigilanza e di controllo politico-amministrativo su quelli più piccoli, è stato via via sostituito dall’idea che qualunque controversia di indirizzo debba essere esaminata solo in sede giurisdizionale e per vizi di legittimità[16].

Per quanto concerne il quadro della valorizzazione delle autonomie costituzionalmente garantite, l’articolo 114 della Costituzione sembra conferire una parità costituzionale allo Stato e alle Regioni, parificazione che è stata allargata alle condizioni processuali del giudizio, tramite la generalizzazione del controllo di tipo successivo sia per le leggi statali che per quelle regionali. Quindi, si è assistito all’abrogazione del meccanismo del rinvio delle delibere al Consiglio regionale da parte del Governo[17].

Le riforme hanno modificato l’articolo 123[18]della Costituzione, introducendo un nuovo procedimento per l’impugnazione statale[19] dei nuovi statuti regionali ordinari.

Tale procedura è stata inserita per quelle leggi statutarie delle Regioni speciali[20].

Sull’argomento, è da notare che le riforme costituzionali del 1999 e del 2001, hanno espressamente interessato solo le Regioni a Statuto ordinario[21], quindi in assenza di una specifica normativa, ha trovato applicazione l’articolo 10 della Legge Costituzionale n. 3 del 2001, in base al quale fino all’adeguamento degli Statuti, le norme previste dalla Legge Costituzionale 3/2001 si applicano anche alle Regioni a Statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano “per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”. Sull’argomento, la Consulta[22] si è servita di tale clausola di salvaguardia anche sulla normativa del giudizio in via principale, sia perché la materia del ricorso era ed è esplicitamente disciplinata anche nelle parti oggetto della riforma costituzionale, sia per la stretta connessione tra gli aspetti sostanziali e processuali della normativa delle autonomie[23].

Ed ancora, per quanto riguarda l’ambito processuale, la Corte[24] ha statuito che, trattandosi di un giudizio di tipo comparativo, la valutazione sulle “forme più ampie di autonomia” ai fini dell’estensione di una disciplina, richiede che gli istituti siano effettivamente commensurabili, e cioè si tratti di “grandezze comparabili”. Ciò ha portato a una differenziazione di esiti ermeneutici a seconda delle Regioni speciali interessate, tranne che per l’applicazione delle vigenti norme costituzionali nella Regione Sicilia[25].

NOTE: 

[1]V. A. D’ATENA, Giustizia costituzionale e autonomie regionali in tema di applicazione del nuovo titolo V, Atti del seminario Giurisprudenza costituzionale ed evoluzione dell’ordinamento italiano, tenutosi al Palazzo della Consulta il 24 maggio 2006, pp. 3 ss, in www.cortecostituzionale.it.

[2]V. L. MEZZETTI, Manuale Breve Diritto Costituzionale, cit., pp. 395 ss; A. CELOTTO, La Corte costituzionale, cit., pp. 73 ss; M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 17 ss.

[3]V. E. MALFATTI, S. PANIZZA, R. ROMBOLI, Giustizia Costituzionale, cit., p. 155; M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 9 ss.

[4]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 11 ss; M. DI CELSO, M. MAZZIOTTI, G.M. SALERNO, Manuale di Diritto Costituzionale, cit., pp. 525 ss.

[5]Il testo originario era il seguente: “Articolo 127. Ogni legge approvata dal Consiglio regionale è comunicata al Commissario che, salvo il caso di opposizione da parte del Governo, deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.// La legge è promulgata nei dieci giorni dalla sua pubblicazione. Se una legge è dichiarata urgente dal consiglio regionale, e il Governo della Repubblica lo consente, la promulgazione e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati.// Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della Regione o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre Regioni, la rinvia al Consiglio regionale nel termine fissato per l’oppossizione del visto.// Ove il Consiglio regionale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei quindici giorni dalal comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte decide di chi sia la competenza”.

[6]Cfr. F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 548.

[7]La Consulta richiedeva, che le censure portate al suo esame tramite la questione di legittimità fossero una specificazione dei vizi già rilevati nel momento precedente, in cui il Governo aveva disposto il rinvio alla Regione per un nuovo esame. V. G. DE VERGOTTINI, Diritto Costituzionale, Sesta Edizione, CEDAM, 2008, p. 667.

[8]Cfr. F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 548.

[9]V. sentenze nn. 38/1957, 11/1959 e 30/1959.

[10]V. sentenza n. 165/1986.

[11]V. sentenza n. 517/1987.

[12]Cfr. F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 549.

[13]Cfr. S.M. CICCONETTI, Lezioni di giustizia costituzionale, cit., p. 64.

[14]Al riguardo, A. CERRI: “(…)la legge di revisione costituzionale n. 3/2001 ha eliminato la “asimmetria” di un giudizio “preventivo” nei confronti delle leggi regionali e “successivo” nei confronti delle leggi statali, prevedendosi, sia per lo Stato sia per la Regione, un’impugnativa dopo sessanta giorni dalla pubblicazione della legge. Questa disposizione, nella misura in cui più favorevole, si applica anche alle Regioni a Statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e Bolzano (art. 10, l. cost. n. 3/2001), che vedono dunque, ampliato l’originario termine di trenta giorni (art. 2, l. cost. n.1/1948; art. 98 d.P.R. n. 670/1972) per l’impugnativa delle leggi statali, ormai assimilato a quello di sessanta, già previsto per l’impugnativa di quelle di altre Regioni. È stata ammessa una riserva d’impugnazione da parte dello Stato per leggi regionali approvate prima dell’entrata in funzione della Corte medesima (sent. 6/1956); ed una impugnazione delle leggi statali previgenti da parte delle Regioni, decorrente dal tempo della loro effettiva funzionalità (sent. 39/1971). La disposizione (art. 10 della legge cost. n. 3/2001) che estende alle Regioni ad autonomia differenziata la disciplina più favorevole dettata per quelle ordinarie, è stata intesa come riferibile anche alle modalità del ricorso principale (cfr., ad es., dec. 65, 377, 408, 533/2002; 314, 338/2003, ecc.); (…) è previsto nello Statuto siciliano (art. 28) che le leggi di tale Regione siano impugnate direttamente dal Commissario di Stato entro cinque giorni dalla loro approvazione. Dette modalità d’impugnazione sono sopravvissute alla “sterilizzazione” dell’Alta Corte per la Regione Sicilia (sent. 38, 44/1957); la difesa tecnica del Commissario è assunta dall’Avvocatura dello Stato. Le modalità del ricorso principale nei confronti della Regione Sicilia, in quanto prevedono, ad es., termini assai brevi di decadenza (cinque giorni) e di decisione (trenta giorni: art. 9 Stat. spec.), trascorsi i quali la legge può essere promulgata e pubblicata, sono state ritenute non comparabili con quelle ordinarie e non, allora, decisamente meno favorevoli (art. 9 e 10, 1. 131/2003; sent. 314, 351/2003; ord. 32/2004, ecc.); restano, dunque, in vigore (fermo restando il più ampio termine d’impugnazione delle leggi statali). Il Commissario di Stato era stato concepito come organo, in qualche senso, “equidistante” fra Stato e Regione, essendo legittimato ad impugnare innanzi all’Alta Corte per la Regione Sicilia anche leggi e regolamenti statali, invasivi delle competenze regionali (art. 27 Stat. spec. Sicilia). È da osservare che, peraltro, negli anni di funzionamento dell’Alta Corte, mai il Commissario di Stato ebbe ad impugnare legge statale; nel senso che tale equidistanza sia ormai da ritenere superata v. sent. 545/1989. Diverso è anche il meccanismo previsto dal d.P.R. n. 266/1992 (di attuazione dello Statuto per il T.A.A.), con riguardo all’impugnazione: delle leggi regionali e provinciali che non si siano adeguate ai “nuovi” principi stabiliti con legge dello Stato e, comunque, alle norme di legge statale costituenti limite per l’autonomia regionale. Ove nei sei mesi successivi non si sia provveduto all’adeguamento, il Governo potrà impugnare leggi regionali e provinciali già entrate in vigore (cfr. sent. 496/1993, 294/1994). In dottrina si discute della costituzionalità di questo istituto, per violazione, in ipotesi, della “riserva di legge costituzionale” di cui all’art. 137 Cost. Anche questa disciplina dovrebbe restare in vigore, in quanto “più favorevole” di quella prevista per le Regioni ordinarie (cfr., implicitamente, sent. 234/2005), contenuta nell’art. 10,1. n. 62/1953, che prevede l’immediata abrogazione delle leggi regionali previgenti incompatibili con i nuovi principi. Si prospetta in dottrina l’eventualità di un adeguamento tardivo della Regione o delle Province autonome ai nuovi principi; sembra che una tale legge non possa essere, di per sé, incostituzionale ma caso mai solo in quanto ometta di riferirsi anche ai casi intercorsi fra la scadenza del termine e la sua entrata in vigore, nei limiti dei rapporti esauriti, (analogamente, in tema di cessazione della materia del contendere). Con riguardo a decreto legge, attesa la precarietà dei suoi effetti, il termine suddetto si computa a decorrere dalla legge di conversione (sent. 496/1993). Neppure dovrebbe. esser modificata la prevista delibera, per T.A.A. del Consiglio regionale o provinciale anziché della Giunte (art. 98, d.P.R. n. 670/1972), come invece è previsto per i conflitti, conformemente alla regola generale.  Lo statuto del T.A.A. (art. 56, d.P.R. n. 670/1972) prevede una legittimazione attiva anche della maggioranza dei consiglieri di ciascun gruppo linguistico riconosciuto, a difesa delle garanzie delle minoranze (cfr., ad es., sent. 261/1995 e 356/1998 su ricorsi proposti dal gruppo ladino). La disposizione che in Valle d’Aosta (art. 31 Stat. spec.) prevedeva un controllo sulle leggi esercitato dal rappresentante del Ministro dell’Interno deve ritenersi abrogata in quanto meno favorevole (cfr., implicitamente, sent. 267/2006);(…) le nuove disposizioni sull’impugnazione delle leggi regionali e statali si applicano, come ogni norma processuale, in relazione ai fatti ed atti processuali futuri e non a quelli passati; poiché, tuttavia, il processo consiste in una sequenza collegata di atti, qualche problema si è posto in ordine alla sorte dei procedimenti già iniziati in base alle disposizioni abrogate e non ancora decisi. La Corte ha ritenuto che l’atto di iniziativa processuale segua il regime vigente al momento della decisione e che, dunque, i ricorsi già proposti in via preventiva (e previo rinvio della legge regionale) debbano esser considerati improcedibili (cfr., ad es., ord. 65, 182, 228, 246/2002), senza preclusione, ovviamente, per la proponibilità di analogo ricorso dopo la pubblicazione della legge e nei termini previsti dal nuovo sistema (cfr., ad es., ord. 182, 248/2002). Ciò, peraltro, non è stato ritenuto per gli atti di impugnativa di leggi statali, avuto riguardo (probabilmente) all’omologia dei procedimenti riscontrabile in questo caso (cfr. implicitamente, sent. 272/ 2005)”. (qui riportato quasi testualmente). V. Corso di giustizia costituzionale, cit. pp. 289 ss.

”. (qui riportato quasi testualmente). V. Corso di giustizia costituzionale, cit., pp. 290 ss.

[15]Competenza, peraltro, mai esercitata in passato.

[16]Cfr. F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 549.

[17]Ibidem.

[18]L’articolo 123. Della costituzione così prevede.Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l’apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione. Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi. In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali”.

[19]A. CERRI, al riguardo: “(…) le nuove disposizioni sull’impugnazione delle leggi regionali e statali si applicano, come ogni norma processuale, in relazione ai fatti ed atti processuali futuri e non a quelli passati; poiché, tuttavia, il processo consiste in una sequenza collegata di atti, qualche problema si è posto in ordine alla sorte dei procedimenti già iniziati in base alle disposizioni abrogate e non ancora decisi. La Corte ha ritenuto che l’atto di iniziativa processuale segua il regime vigente al momento della decisione e che, dunque, i ricorsi già proposti in via preventiva (e previo rinvio della legge regionale) debbano esser considerati improcedibili (cfr., ad es., ord. 65, 182, 228, 246/2002), senza preclusione, ovviamente, per la proponibilità di analogo ricorso dopo la pubblicazione della legge e nei termini previsti dal nuovo sistema (cfr., ad es., ord. 182, 248/2002). Ciò, peraltro, non è stato ritenuto per gli atti di impugnativa di leggi statali, avuto riguardo (probabilmente) all’omologia dei procedimenti riscontrabile in questo caso (cfr. implicitamente, sent. 272/ 2005)”. (qui riportato quasi testualmente). V. Corso di giustizia costituzionale, cit. p. 291.

[20]Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, (Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana). “Articolo 24. E’ istituita in Roma un’Alta Corte con sei membri e due supplenti, oltre il Presidente ed il Procuratore generale, nominato in pari numero dalle Assemblee legislative dello Stato e della Regione, e scelti fra persone di speciale competenza in materia giuridica. Il Presidente ed il Procuratore generale sono nominati dalla stessa Alta Corte. L’onere finanziario riguardante l’Alta Corte è ripartito egualmente fra lo Stato e la Regione; Articolo 25. L’Alta Corte giudica sulla costituzionalità: a)delle leggi emanate dall’Assemblea regionale, b)delle leggi e dei regolamenti emanati dalla Stato, rispetto al presente statuto ed ai fini della efficacia dei medesimi entro la Regione; Articolo 26. L’Alta Corte giudica pure dei reati compiuti dal Presidente e dagli Assessori regionali nell’esercizio delle funzioni di cui al presente Statuto, ed accusati dall’Assemblea regionale; Articolo 27. Un Commissario, nominato dal Governo dello Stato, promuove presso l’Alta Corte i giudizi di cui agli articoli 25 e 26 e, in quest’ultimo caso, anche in mancanza di accuse da parte dell’Assemblea regionale; Articolo 28. Le leggi dell’Assemblea regionale sono inviate entro tre giorni dall’approvazione al Commissario dello Stato, che entro i successivi cinque giorni può impugnarle davanti l’Alta Corte; Articolo 29. L’Alta Corte decide sulle impugnazioni entro venti giorni dalla ricevuta delle medesime. Decorsi otto giorni, senza che al Presidente regionale sia pervenuta copia dell’impugnazione, ovvero scorsi trenta giorni dalla impugnazione, senza che al Presidente regionale sia pervenuta da parte dell’Alta Corte sentenza di annullamento, le leggi sono promulgate ed immediatamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Regione; Articolo 30. Il Presidente regionale, anche su voto dell’Assemblea regionale, ed il Commissario di cui all’art. 27, possono impugnare per incostituzionalità davanti l’Alta Corte le leggi ed i regolamenti dello Stato, entro trenta giorni dalla pubblicazione”. Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna). “Articolo. 33. Ogni legge approvata dal Consiglio regionale è comunicata al Governo della Repubblica e promulgata trenta giorni dopo la comunicazione, salvo che il Governo non la rinvii al Consiglio regionale col rilievo che eccede la competenza della Regione o contrasta con gli interessi nazionali. Ove il Consiglio regionale l’approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, è promulgata se, entro quindici giorni dalla nuova comunicazione, il Governo della Repubblica non promuove la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. Qualora una legge sia dichiarata urgente dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, la promulgazione e l’entrata in vigore, se il Governo della Repubblica consente, non sono subordinati ai termini sopraindicati. Ove il Governo non consenta, si applica il secondo comma del presente articolo. Le leggi sono promulgate dal Presidente della Regione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, salvo che esse stabiliscano un termine diverso”. Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. (Statuto speciale della Regione Friuli- Venezia Giulia). “Articolo 31. Ogni legge approvata dal Consiglio della Valle è comunicata al rappresentante del Ministero dell’interno, presidente della Commissione di coordinamento, preveduta dall’articolo 45, che, salvo il caso di opposizione, deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto ed entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione, salvo che in essa sia stabilito un termine diverso. Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio della Valle a maggioranza assoluta dei suoi componenti e il rappresentante del Ministero dell’interno lo consente, la promulgazione e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati. Il rappresentante del Ministero dell’interno, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio della Valle ecceda la competenza della Regione o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre regioni, la rinvia al Consiglio della Valle nel termine fissato per l’apposizione del visto. Ove il Consiglio della Valle la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte decide di chi sia la competenza; Articolo 45. Nel capoluogo della Regione è istituita una Commissione di coordinamento, composta di un rappresentante del Ministero dell’interno, che la presiede, di un rappresentante del Ministero delle finanze e di un rappresentante della Regione, designato dal Consiglio della Valle fra persone estranee al Consiglio. La Commissione è costituita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le spese per il funzionamento della Commissione sono ripartite in parti eguali fra lo Stato e la Regione”. D.P.R. 31 AGOSTO 1972, N. 670. Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino- Alto Adige). “Articolo 55.  I disegni di legge approvati dal Consiglio regionale o da quello provinciale sono comunicati al Commissario del Governo in Trento, se trattasi della Regione o della Provincia di Trento, e al Commissario del Governo in Bolzano, se trattasi della Provincia di Bolzano. I disegni di legge sono promulgati trenta giorni dopo la comunicazione, salvo che il Governo non li rinvii rispettivamente al Consiglio regionale od a quello provinciale col rilievo che eccedono le rispettive competenze o contrastano con gli interessi nazionali o con quelli di una delle due Province nella regione. Ove il Consiglio regionale o quello provinciale li approvi nuovamente a maggioranza assoluta dei suoi componenti sono promulgati, se, entro quindici giorni dalla comunicazione, il Governo non promuove la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito, per contrasto di interessi, davanti alle Camere. In caso di dubbio la Corte decide di chi sia la competenza.Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio regionale o da quello provinciale a maggioranza assoluta dei componenti rispettivi, la promulgazione e l’entrata in vigore, se il Governo consente, non sono subordinate ai termini indicati.Le leggi regionali e quelle provinciali sono promulgate rispettivamente dal Presidente della Giunta regionale o dal Presidente della Giunta provinciale e sono vistate dal Commissario del Governo competente;  Articolo  56. Qualora una proposta di legge sia ritenuta lesiva della parità dei diritti fra i cittadini dei diversi gruppi linguistici o delle caratteristiche etniche e culturali dei gruppi stessi, la maggioranza dei consiglieri di un gruppo linguistico nel Consiglio regionale o in quello provinciale di Bolzano può chiedere che si voti per gruppi linguistici.Nel caso che la richiesta di votazione separata non sia accolta, ovvero qualora la proposta di legge sia approvata nonostante il voto contrario dei due terzi dei componenti il gruppo linguistico che ha formulato la richiesta, la maggioranza del gruppo stesso può impugnare la legge dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla sua pubblicazione, per i motivi di cui al precedente comma.Il ricorso non ha effetto sospensivo; Articolo  84. I bilanci predisposti dalla Giunta regionale o da quella provinciale e i rendiconti finanziari accompagnati dalla relazione della Giunta stessa sono approvati rispettivamente con legge regionale o provinciale.La votazione dei singoli capitoli del bilancio della Regione e della Provincia di Bolzano ha luogo, su richiesta della maggioranza di un gruppo linguistico, per gruppi linguistici.I capitoli di bilancio che non hanno ottenuto la maggioranza dei voti di ciascun gruppo linguistico sono sottoposti nel termine di tre giorni ad una commissione di quattro consiglieri regionali o provinciali, eletta dal Consiglio all’inizio della legislatura e per tutta la durata di questa, con composizione paritetica fra i due maggiori gruppi linguistici e in conformità alla designazione di ciascun gruppo.La commissione di cui al comma precedente, entro quindici giorni, deve stabilire, con decisione vincolante per il Consiglio, la denominazione definitiva dei capitoli e l’ammontare dei relativi stanziamenti. La decisione è adottata a maggioranza semplice, senza che alcun consigliere abbia voto prevalente. Se nella commissione non si raggiunge la maggioranza su una proposta conclusiva, il Presidente del Consiglio regionale o di quello provinciale trasmette, entro sette giorni, il progetto del bilancio e tutti gli atti e verbali relativi alla discussione svoltasi in Consiglio e in commissione all’autonoma sezione di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa che, entro trenta giorni, deve decidere con lodo arbitrale la denominazione dei capitoli non approvati e l’ammontare dei relativi stanziamenti. Il procedimento di cui sopra non si applica ai capitoli di entrata, ai capitoli di spesa che riportano stanziamenti da iscrivere in base a specifiche disposizioni di legge per un importo predeterminato per l’anno finanziario e ai capitoli relativi a normali spese di funzionamento per gli organi ed uffici dell’ente.Le decisioni di cui al quarto e quinto comma del presente articolo non sono soggette ad alcuna impugnativa né a ricorso davanti la Corte costituzionale.Limitatamente ai capitoli definiti con la procedura di cui ai commi precedenti, la legge di approvazione del bilancio può essere rinviata o impugnata dal Governo solo per motivi di illegittimità concernenti violazioni della Costituzione o del presente statuto. Per l’approvazione dei bilanci e dei rendiconti finanziari della Regione è necessario il voto favorevole della maggioranza dei consiglieri della Provincia di Trento e di quelli della Provincia di Bolzano. Se tale maggioranza non si forma, l’approvazione stessa è data da un organo a livello regionale. Detto organo non può modificare le decisioni in ordine ai capitoli di bilancio eventualmente contestati in base a quanto previsto ai commi terzo, quarto e quinto del presente articolo e definiti con la procedura ivi contemplata; Articolo 97. Ferme le disposizioni contenute negli art. 56 e 84, commi sesto e settimo, del presente statuto la legge regionale o provinciale può essere impugnata davanti la Corte costituzionale per violazione della Costituzione o del presente statuto o del principio di parità tra i gruppi linguistici.L’impugnazione può essere esercitata dal Governo. La legge regionale può, altresì, essere impugnata da uno dei Consigli provinciali della Regione, la legge provinciale dal Consiglio regionale o dall’altro Consiglio provinciale della Regione; Articolo 98. Le leggi e gli atti aventi valore di legge della Repubblica possono essere impugnati dal Presidente della Giunta regionale o da quello della Giunta provinciale, previa deliberazione del rispettivo Consiglio, per violazione del presente statuto o del principio di tutela delle minoranze linguistiche tedesca e ladina.Se lo Stato invade con un suo atto la sfera di competenza assegnata dal presente statuto alla Regione o alle Province, la Regione o la Provincia rispettivamente interessata possono proporre ricorso alla Corte costituzionale per regolamento di competenza.Il ricorso è proposto dal Presidente della Giunta regionale o da quello della Giunta provinciale, previa deliberazione della rispettiva Giunta. Copia dell’atto di impugnazione e del ricorso per conflitto di attribuzione deve essere inviata al Commissario del Governo in Trento, se trattasi della Regione o della Provincia di Trento, e al Commissario del Governo in Bolzano, se trattasi della Provincia di Bolzano”; D.Lgs. 16 marzo 1992, n. 266. (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino- Alto Adige, concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento). “Articolo 1.  Considerato che nella Regione Trentino-Alto Adige è riconosciuta parità di diritti ai cittadini qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono e sono salvaguardate le rispettive caratteristiche etniche e culturali e che la tutela delle minoranze linguistiche locali è compresa tra gli interessi nazionali, è dovere istituzionale dello Stato, della Regione, delle province autonome e degli enti locali che ne fanno parte contribuire nell’ambito delle rispettive funzioni all’osservanza dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, modificato con legge 30 novembre 1989, n. 386, di seguito denominato “statuto speciale” (1). 2. Le disposizioni del presente decreto relative al rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali ed alla potestà statale di indirizzo e coordinamento sono poste ad ulteriore garanzia della speciale autonomia della Regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e Bolzano, fondata sullo statuto speciale e ricollegantesi all’accordo concluso a Parigi il 5 settembre 1946, che prevede l’esercizio di un potere legislativo ed amministrativo autonomo anche a tutela delle minoranze linguistiche; Articolo 2. 1. Salvo quanto disposto nel comma 4, la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell’atto medesimo sulla Gazzetta Ufficiale o nel più ampio termine da esso stabilito. Restano nel frattempo applicabili le disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti. 2. Decorso il termine di cui al comma 1, le disposizioni legislative regionali e provinciali non adeguate in ottemperanza al comma medesimo possono essere impugnate davanti alla Corte costituzionale ai sensi dell’art. 97 dello statuto speciale per violazione di esso; si applicano altresì la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 3. L’impugnazione di cui al comma 2 ai sensi del predetto art. 97 è proposta entro novanta giorni, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, dal Presidente del Consiglio ed è depositata nella cancelleria della Corte costituzionale entro venti giorni dalla notificazione al Presidente della Giunta regionale o provinciale. 4. Resta in ogni caso ferma l’immediata applicabilità nel territorio regionale delle leggi costituzionali, degli atti legislativi dello Stato nelle materie nelle quali alla regione o alla provincia autonoma è attribuita delega di funzioni statali ovvero potestà legislativa integrativa delle disposizioni statali, di cui agli articoli 6 e 10 dello statuto speciale, nonché delle norme internazionali e comunitarie direttamente applicabili. 5. Restano fermi i poteri di ordinanza amministrativa diretti a provvedere a situazioni eccezionali di necessità e urgenza, nei casi, nei modi e nei limiti previsti dall’ordinamento. 6. L’art. 105 dello statuto speciale si applica anche quando l’efficacia delle disposizioni legislative regionali o provinciali cessa per effetto di sentenza della Corte costituzionale, fermo restando quanto disposto nell’art. 16 dello statuto speciale; Articolo 3. 1. Se e per quanto lo statuto speciale e le relative norme di attuazione non prescrivono specifici procedimenti per il coordinamento tra funzioni e interessi dello Stato e, rispettivamente, della regione o delle province autonome, gli atti di indirizzo e coordinamento emanati dal Governo della Repubblica nei limiti e nei modi previsti dalla legge hanno efficacia anche nel territorio regionale provinciale. 2. Gli atti di cui al comma 1 vincolano la regione e le province autonome solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti. L’emanazione delle norme di organizzazione eventualmente occorrenti per l’attuazione degli atti predetti è riservata, per quanto di rispettiva competenza, alla regione o alle province autonome (1). 3. Impregiudicato quanto disposto nell’art. 12, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400, la regione o le province autonome di Trento e di Bolzano, secondo le rispettive competenze, sono consultate, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su ciascun atto amministrativo di indirizzo e coordinamento per quanto attiene alla compatibilità di esso con lo statuto speciale e con le relative norme di attuazione, comprese quelle contenute nel presente decreto. Le eventuali osservazioni della regione o della provincia autonoma devono pervenire entro venti giorni. 4. L’efficacia nel territorio regionale o provinciale dell’atto di indirizzo e coordinamento emanato nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome è sospesa per i trenta giorni successivi a quello dal quale decorre in termine per ricorrere ai sensi dell’art. 98, secondo comma, del medesimo statuto speciale, se e per quanto la regione o la provincia autonoma ha, nelle osservazioni di cui al comma 3, manifestato avviso motivato di non compatibilità dell’atto con lo statuto speciale e con le relative norme di attuazione, comprese quelle contenute nel presente decreto. 5. Se entro i trenta giorni di cui al comma 4 la regione o la provincia autonoma notifica ricorso per conflitto di attribuzione in relazione all’atto amministrativo cui l’avviso motivato si riferisce e per quanto il ricorso conferma l’avviso motivato stesso, l’efficacia di tale atto nel territorio regionale o provinciale è ulteriormente sospesa fino alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale. 6. Nel processo per conflitto di attribuzione, la Corte costituzionale, su richiesta del Presidente del Consiglio dei Ministri, può disporre per gravi ragioni, con ordinanza motivata, la non applicazione del comma 5. 7. L’atto di indirizzo e coordinamento emanato in applicazione di principi e norme recati da atto legislativo dello Stato di cui all’art. 2, comma 1, non vincola direttamente l’attività amministrativa della regione e delle province autonome per quanti permangono in vigore le disposizioni legislative regionali o provinciali incompatibili con i predetti principi e norme. (1) Il testo del comma è quale risulta dal comunicato pubblicato in G.U. 18 maggio 1992, n. 114”. V. M.SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., pp. 95 ss.

[21]Sull’argomento, “(…)La Corte ha confermato il “principio di continuità”, secondo cui le leggi approvate precedentemente alla revisione debbono esser valutate secondo la normativa parametro previgente; ciò presuppone che nuove norme sulla competenza non abbiano, in linea di massima, efficacia retroattiva. Il principio assume connotati processualistici quando si congiunge con il rilievo che le Regioni non avrebbero, comunque, “interesse” ad impugnare leggi che è nella loro autonoma facoltà ora rimuovere, con l’esercizio delle loro competenze legislative. Osserverei, peraltro, che il nuovo quadro normativo, se non può essere, per i motivi ora detti, ragione di censura di leggi previgenti, potrebbe, tuttavia, essere addotto a giustificazione di esse (di leggi regionali, ad es.), censurabili (ora per allora) solo nella misura in cui applicate ed applicabili anche a rapporti pregressi ma, non più, per la loro perdurante vigenza; cfr., del resto, dubitativamente sul punto (con riguardo a sopravvenuta “legge quadro”) sent. 259/1997. Con ciò si viene a dimensionare, con riguardo alla problematica specifica del giudizio principale, il principio generale che vuole doversi decidere la ragione ed il torto con riguardo alla situazione esistente al momento del decidere. La ritenuta improcedibilità dei ricorsi proposti in via preventiva nei confronti di leggi regionali comporta che questi potranno esser riproposti solo dopo che dette leggi siano state promulgate e pubblicate ormai in un tempo in cui ha vigore il nuovo testo costituzionale e che, dunque, dette leggi dovranno esser valutate alla stregua di questo, per loro più favorevole (cfr. accenno in ord. 182/2002, ad es.; nell’evidente presupposto che anche la legge regionale prenda “data” dalla promulgazione). L’applicabilità del regime più favorevole, peraltro, si potrebbe anche argomentare alla stregua dell’accennata ricostruzione del principio di continuità, che non escluderebbe possa una nuova normativa essere addotta a giustificazione, per il futuro, della legge impugnata. La problematica in esame ha assunto rilievo anche nell’ipotesi di decreto legge anteriore alla revisione, convertito in tempo successivo (sent. 228/2003), in cui la Corte ha ritenuto applicabili le “nuove” norme parametro; ciò pone, peraltro, piuttosto problemi sostanziali sui rapporti fra decreto-legge e conversione, che sono di indiscutibile “continuità” ma di “consolidazione” e non di “novazione”, piuttosto che problemi processuali, una volta”. A. CERRI. (qui riportato quasi testualmente). V. Corso di giustizia costituzionale, cit. p. 291.

[22]V. le sentenze nn. 377/2002 e 38/2003.

[23]V. sentenze nn. 377/2002 e 38/2003.

[24]V. la sentenza n. 314/2003.

[25]Cfr. F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., p. 550.

 

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