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IL SEGUITO DELLE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA: YULHMA V. BALDERAS ORTIZ.

IL SEGUITO DELLE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA

di Avv. Yulhma V. Balderas Ortiz
Dottore di ricerca in Diritto pubblico, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

L’articolo 136, comma 2[1], della Costituzione prevede che: “La decisione della Corte è pubblicata[2], e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali”.

Secondo la lettera della Costituzione i rapporti tra Corte e Parlamento si configurano in maniera lineare, appartenendo alla Corte il potere di annullare la legge dichiarandola illegittima, e al Parlamento quello di dare attuazione ai principi costituzionali colmando le eventuali lacune.

Tuttavia, per una serie di ragioni, il modello costituzionale non ha trovato attuazione: negli anni che seguirono l’istituzione della Corte, il Parlamento rimase sostanzialmente indifferente di fronte alle sentenze del giudice costituzionale. La situazione peraltro non è cambiata negli anni successivi, nonostante i regolamenti parlamentari del 1971, prevedano apposite procedure di raccordo tra l’attività parlamentare e quella della Corte, al punto che si è parlato di “naufragio” delle procedure in oggetto[3].

E’ stato evidenziato che in molte occasioni “la pigrizia “ e l’inerzia” del Parlamento nel dare seguito alle sentenze della Corte, è dovuta al fatto che spesso le sentenze  annullano disposizioni frutto di delicati equilibri e faticosi compromessi delle forze politiche. Ciò comporta che, a causa della debolezza  dell’indirizzo politico e legislativo del governo e della maggioranza, se è possibile la decisione viene accantonata[4].

L’articolo 5, comma 1, lett.f, della legge 400/1988[5] attribuisce al Presidente del Consiglio il compito di promuovere gli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle sentenze della Corte, come ad esempio la predisposizione di disegni di legge. Ed ancora la norma ha previsto che, spetta al Presidente del Consiglio l’onere di riferire periodicamente al Consiglio dei ministri, e di informare le Camere sullo stato del contenzioso costituzionale, dando notizia sulle linee seguite negli interventi sui giudizi dinnanzi alla Corte.

Per quanto riguarda le Camere, il seguito delle sentenze della Corte costituzionale è disciplinato nei regolamenti della Camera e del Senato, rispettivamente agli articoli 108 e 139[6]. Essi attribuiscono alle Commissioni competenti per materia, integrate alla Camera da un componente del Governo e di uno più relatori designati dalla Commissione affari costituzionali, il compito di esaminare le sentenze della Corte.

Diverso è l’esito dell’istruttoria da parte delle Commissioni nelle due Camere. Al Senato, è previsto che, in assenza di iniziative legislative pendenti, la Commissione attraverso una risoluzione, inviti il Governo a intervenire. Mentre alla Camera, nel caso in cui non sia già stata assunta un’iniziativa nel frattempo, è prevista l’approvazione di un documento in cui la commissione affari costituzionali dichiara la necessità di un intervento normativo, indicandone anche i criteri informativi. Di tale documento viene data comunicazione ai Presidenti delle Camere, a quello del Consiglio e della Corte costituzionale, e viene distribuito ai parlamentari.

In conclusione si è osservato che assai scarse sono state le sentenze esaminate ed “in tali esami la tendenza manifestata dai parlamentari è stata quella di ripercorrere il ragionamento della Corte, sottoponendo a critica le sue motivazioni”. Ed ancora si è aggiunto “il Parlamento ha svolto una sorta di sindacato parlamentare sulle decisioni della Corte, mostrando insofferenza verso un organo che viene avvertito come un corpo estraneo, che comprime la discrezionalità del legislatore[7]”.

NOTE: 

[1]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 14.

[2]Tuttavia è da ricordare, che la Consulta secondo, A. DE TURA, “(…) relativamente alla propria attività istituzionale, ha già da tempo evitato di indicare per stesso, nelle proprie pronunzie, i nomi delle parti in causa qualora si verta di materie particolarmente delicate. Circa, invece, la sua attività amministrativa va segnalato come, in un recente bando di concorso essa – dimostrando apprezzabile sensibilità al riguardo – abbia ritenuto necessaria la prestazione del consenso da parte degli aspiranti al fine del trattamento dei relativi dati personali (che, com’è noto, per i soggetti pubblici non viene richiesto dal codice), ampliandone la sfera di tutela più di quanto faccia il diritto comune. Tale circostanza sembra, inoltre, confermare quanto prima affermato in ordine alla necessità del previo, esplicito rinvio da parte dell’Organo costituzionale alla normativa di diritto comune per poterne affermare l’applicabilità, permanendo in esso la possibilità di disciplinare diversamente la materia nel rispetto dei principi costituzionali.” (qui riportato quasi testualmente). Cfr. Il codice del trattamento dei dati personali, a cura di V. CUFFARO, R. D’ORAZIO, V. RICCIUTO, Torino: Giappichelli, 2007, p. 195.

[3] Cfr. M .L. Mazzoni Honorati, Diritto parlamentare,Torino, 2005, p. 219; F. S. MARINI, G. GUZZETTA, Diritto Pubblico Italiano ed Europeo, cit., pp. 533 ss.

[4]Cfr. M.L. Mazzoni Honorati, Diritto parlamentare, cit.,  p. 219.

[5]V. M. SICLARI, Norme relativi ai giudizi di competenza della Corte Costituzionale, Testi Normativi n. III, Collana diretta da Massimo Siclari, cit., p. 89.

[6]Ibidem, p. 82 ss.

[7]Cfr. M.L. Mazzoni Honorati, Diritto parlamentare, cit., p. 220.

 

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